Il Terzo Settore in Italia non trova ancora la propria legittimazione sociale. Proviamo a descriverne i motivi e gli orizzonti possibili, soprattutto quelli offerti dall’Unione Europea.

Che siano i fedeli alle associazioni, gli stakanovisti della rappresentanza o quelli che scelgono di fare da soli, i volontari costituiscono una risorsa fondamentale per la vita sociale di un Paese. Ma quanti sono i cittadini attivi in Italia? E cosa propone l’Europa in termini di Terzo Settore? Per rispondere partiamo dai dati.

I numeri e le forme del volontariato

Nel 2019 Eurostat ha condotto uno studio sulla cittadinanza attiva e, in particolare, sul tempo dedicato al volontariato nella vita dei cittadini appartenenti agli Stati membri dell’Unione Europea. Facendo ricorso ai dati raccolti nel 2015 dall’EU-SILC (Statistics on Income and Living Conditions) – il sistema statistico che indaga le condizioni di vita e la diffusione della povertà nei Paesi membri – lo studio dimostra come la media europea di cittadini over 16 che hanno praticato forme di volontariato informale nell’ultimo anno si attesti al 22,2%, contro il 19,3% del volontariato formale.

Volontariato formale informale UE

Infografica a cura di Michelangelo Baroni

Questa distinzione è importante in quanto evidenzia l’esistenza di due modi diversi, ma altrettanto validi, di fare volontariato. Con il termine “volontariato formale” s’intendono quelle forme di volontariato organizzato e di lavoro non retribuito all’interno di un’associazione o di un’organizzazione riconosciuta. Al contrario, il “volontariato informale” si riferisce a forme più libere e occasionali di volontariato, quali l’aiuto domestico verso persone non appartenenti al proprio nucleo familiare, il prendersi cura di animali, la pulizia di spiagge, boschi, eccetera.

Da una prima analisi qualitativa di questi dati possiamo già mettere in evidenza alcuni aspetti del fenomeno. In particolare, non si registrano importanti differenze tra donne e uomini o tra le diverse fasce di età, ma è significativo che i dati cambino in relazione ai diversi livelli di istruzione: la popolazione con un’istruzione elevata che si dedica al volontariato formale è infatti più del doppio di quella con un’istruzione primaria. Altra risultante da tenere in considerazione è quella che vede il 41,1% dei cittadini europei intervistati dichiarare di non dedicarsi alla cittadinanza attiva per mancanza di tempo o d’interesse.

 

I progetti europei attivi a cui prendere parte

In questo quadro generale viene da chiedersi a che punto sia l’Italia. Con i suoi 5,5 milioni di volontari censiti dall’Istat, l’Italia è quasi in fondo alla classifica del volontariato europeo: il tasso di volontariato formale del 12% e di volontariato informale dell’11,4% collocano il nostro Paese rispettivamente al diciassettesimo e al ventiduesimo posto nelle classifiche. La domanda, allora, sorge spontanea: qual è il grado d’interesse espresso verso il volontariato? Difficile stabilirlo in maniera univoca ma un ruolo chiave è di certo giocato dalla mancanza di conoscenza che i cittadini hanno delle diverse occasioni e delle opportunità che vengono offerte in quest’ambito su scala nazionale e comunitaria.

Il Corpo europeo di solidarietà (CES) ad esempio consente ai giovani europei di prestare il proprio tempo in attività di volontariato e progetti solidali, di modo da aiutare le comunità più bisognose e intervenire in contesti critici. La maggior parte dei progetti, compresi nel programma 2021-27 del CES, riguardano un’ampia gamma di settori: salute, ambiente, inclusione, tecnologie, cultura, sport. Per la maggior parte si tratta di attività transfrontalierie anche se è contemplata la possibilità di fare volontariato restando nel proprio Paese.

Dal 2022, è inoltre possibile entrare a far parte del Corpo volontario europeo di aiuto umanitario che indirizza le sue attività verso quei Paesi, fuori dai confini dell’Unione Europea, costretti a far fronte a emergenze umanitarie, in prospettiva odierna ma anche futura. Per prendere parte a questo tipo di progetti è necessario avere un’età compresa tra i 18 e i 30 anni, mentre per il settore dedicato agli aiuti umanitari il limite di età si estende fino a 35 anni. Inoltre, è possibile scegliere tra una forma di volontariato individuale o di gruppo. Il primo permette di contribuire individualmente al lavoro di un’organizzazione della comunità locale scelta, mentre il secondo vede la mobilitazione di un gruppo tra i dieci e i quaranta volontari, provenienti da almeno due Paesi diversi.

Un bilancio, anche economico

Insomma le possibilità sono numerose e concrete, senza contare l’investimento economico che le sostiene. Nel ciclo di programmazione 2021-2027 sono stati infatti messi a disposizione per l’Italia 75,3 miliardi di euro di Fondi UE per la coesione, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale, che saranno utilizzati anche per il Terzo Settore ovvero quell’insieme di enti di carattere privato senza scopo di lucro che “gestiscono servizi di welfare istituzionale e sono presenti per la tutela del bene comune e la salvaguardia dei diritti negati” agendo in diversi ambiti, “dall’assistenza alle persone con disabilità alla tutela dell’ambiente, dai servizi sanitari e socio-assistenziali all’animazione culturale”.
Si tratta, dunque, di un settore di cui dovremmo prenderci cura in quanto rappresenta tutti gli aspetti della politica di coesione portata avanti dall’Unione Europea: economico, sociale e territoriale.

 

Fonti