L’analisi di Francesco Maselli per la newsletter Marat. 
Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore.

 

Cinico e irresponsabile. Emmanuel Macron è molto conosciuto per avere un linguaggio diretto, ma un attacco così duro al governo di un partner europeo non lo aveva mai fatto. Il presidente francese si riferiva alla gestione dell’Acquarius, la nave delle Ong che è stata costretta a trasportare i 629 migranti salvati a largo della Libia fino a Valencia, dopo che l’Italia ha deciso di non autorizzare l’utilizzo dei suoi porti. La dichiarazione, resa durante il consiglio dei ministri di lunedì scorso, ha generato una piccola crisi diplomatica tra Italia e Francia: il nostro ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha convocato l’ambasciatore francese alla Farnesina, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha annullato il suo viaggio a Parigi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto filtrare alla stampa che avrebbe annullato anche il suo, salvo poi prendere, dopo una telefonata chiarificatrice, un aereo per incontrare Emmanuel Macron, venerdì.

Conte e Macron all’Eliseo

Perché Macron ha deciso di alzare i toni in questo modo? La sua dichiarazione ha in realtà poco a che vedere con l’Italia, ma parla all’opinione pubblica francese. Con scarsi risultati.

La Francia conduce da tempo una politica molto dura nei confronti dell’immigrazione: i gendarmi francesi respingono le persone che tentano di attraversare la frontiera tra Francia e Italia, in particolare nel tratto tra Ventimiglia e Mentone, lo stato francese persegue chi aiuta i migranti a passare – i casi più famosi sono quelli di Cédric Herrou, agricoltore di Breil-sur-Roya, paesino sulle alpi, condannato a 4 mesi per aver aiutato circa 200 migranti, e Martine Landry, pensionata di 73 anni di Nizza che sta affrontando il processo proprio in queste settimane per un motivo simile – ed è allo stesso tempo molto critico con il Regno Unito, che applica la stessa politica al nord, aiutato dal fatto che tra i due paesi non ci sono frontiere terrestri. A gennaio sono andato a Calais per due giorni, e ho visto le condizioni allucinanti in cui sono costretti a vivere i migranti che cercano di attraversare il canale della Manica: per evitare che si formi un nuova “giungla”, il campo profughi illegale che nei momenti più affollati ha accolto circa 10.000 persone, la gendarmerie interviene in continuazione, requisisce le tende o il materiale per accamparsi e spesso, dicono le associazioni, agisce in modo violento e brutale.

Le tende provvisorie a Calais

La legge asilo e immigrazione, approvata dall’Assemblea nazionale lo scorso aprile, è molto restrittiva e rende molto più difficile ottenere asilo in Francia. Il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, ha in questi mesi utilizzato un linguaggio inabituale per un politico che viene dalla sinistra (Collomb è stato per 16 anni sindaco socialista di Lione): ha detto all’Assemblea che la Francia è “sommersa” dagli immigrati (parola centrale nel vocabolario del Front national, ormai diventato Rassemblement national), e al Senato che i migranti fanno del “benchmarking” per decidere in quale paese andare a chiedere asilo (un’analisi comparata per vedere dove è più facile ottenerlo) o dello “shopping” tra le legislazioni dei paesi europei.

La dichiarazione del ministro Collomb

La dichiarazione del ministro Collomb

Durante la campagna elettorale Emmanuel Macron si era posizionato abbastanza “a sinistra” sul tema dell’immigrazione: aveva lodato più volte la decisione di Angela Merkel di aprire le frontiere tedesche ai rifugiati siriani, il suo programma era molto aperto e volontarista sulla questione e già da ministro dell’Economia aveva criticato la politica di Manuel Valls, primo ministro al contrario particolarmente inflessibile. Questi atteggiamenti avevano attratto nell’orbita di En Marche! persone della galassia socialista, che hanno votato convintamente per Macron al primo turno e si sono candidate con lui alle successive elezioni politiche.

 

Chi ha votato per Macron l’anno scorso, secondo il voto alle elezioni precedenti. L’inchiesta completa qui sull’Obs

Questo mondo ha molto sofferto per la politica condotta sull’immigrazione dal governo, come dimostrano le dure copertine dei giornali di sinistra piuttosto teneri con Macron durante le presidenziali (in particolare questa dell’Obs), e la partecipazione al voto della legge asilo e immigrazione da parte della sinistra di En Marche!. Dopo ripetuti dibattiti interni, interventi contrari in aula e conseguenti minacce di esclusione dal gruppo verso i deputati non allineati il testo è passato, ma di misura: sui 312 deputati En Marche! all’Assemblea, soltanto 197 hanno votato per la legge, 14 si sono astenuti, uno ha espresso voto contrario e un altro non ha votato perché presiedeva la sessione. In 99 hanno deciso di non presentarsi, una spaccatura profonda che si è manifestata, come dicevo, anche nell’opinione pubblica.

Probabilmente il duro attacco di Macron serviva a riequilibrare un tono finora sbilanciato, ma ha fallito per due motivi. Il primo è che molti suoi deputati hanno rilanciato, bene che il presidente si indigni, ma perché allora non apriamo i nostri porti e cominciamo a comportarci in modo diverso alla frontiera con l’Italia? Il secondo è che all’Eliseo hanno immaginato che nell’opinione pubblica francese il governo italiano sia percepito come il Front national, “queste persone le conosciamo bene anche da noi” ha detto il presidente riferendosi a Salvini e quindi a Marine Le Pen. Un calcolo sbagliato vista la reazione della quasi totalità dell’opinione pubblica, che ha subito fatto notare l’incoerenza del presidente.

Questo sondaggio conferma due trend interessanti di questo primo anno di mandato: la maggior parte dell’elettorato giudica sia ancora troppo presto per capire se la politica di Macron ha effetti positivi o meno, ma in ogni caso la maggior parte dell’elettorato non crede che le politiche di Macron aiuteranno le persone più deboli (soltanto il 19 per cento ha l’opinione opposta, e chi crede che Macron protegga i più deboli è minoritario persino tra i suoi sostenitori, al 47 per cento). Da qui si spiega, anche, la critica da parte della sinistra del movimento del presidente, che vorrebbe più protezione. Il sondaggio è dell’istituto Ifop.

In queste ultime settimane la generale identità di En Marche! che si sta chiarendo progressivamente. Abbiamo più volte parlato in Marat di quanto la politica del Macron presidente fosse sensibilmente più liberale e a tratti conservatrice delle proposte del Macron candidato. Questa sensazione è condivisa dall’elettorato: sempre secondo l’istituto Ifop il 55 degli elettori repubblicani (centro-destra) approva la politica di Macron mentre soltanto il 45 per cento degli elettori del Partito socialista è d’accordo con l’operato del governo. Un consenso a sinistra che si erode dunque, non soltanto nelle inchieste di opinione, ma anche tra gli economisti a lui più vicini. In una nota confidenziale del 4 giugno scorso destinata all’Eliseo, della quale il Monde è entrato in possesso, Philippe Aghion, professore al Collége de France (amico di Macron dai tempi della Commissione Attali del 2007), Philippe Martin (consigliere economico di Macron ai tempi del ministero dell’Economia e oggi direttore del Conseil d’analyse économique, un organismo di consulenza del primo ministro) e Jean Pisani-Ferry (coordinatore del programma presidenziale di Macron e vero artefice delle proposte economiche del futuro presidente), hanno criticato duramente il primo anno di mandato:

Il tema della lotta contro la diseguaglianza dei punti di partenza, che era costitutiva dell’identità del candidato, è occultato. Molti sostenitori del candidato esprimono il timore di una svolta a destra motivata dalla tentazione di occupare il terreno politico lasciato sguarnito dai Républicains in crisi.

I tre avevano già criticato in vari modi il presidente sulla stampa con vari articoli ed editoriali poco teneri, in particolare Philippe Aghion, che il 31 maggio aveva concesso una lunga intervista in radio, a France Inter, per esprimere la propria preoccupazione: “Il modello era quello scandinavo, liberare e proteggere, non quello anglosassone, liberare senza proteggere”.

Dal minuto 5 in particolare si comincia a discutere dell’economia francese

Macron, che ha annunciato un piano di oltre 60 miliardi di euro di tagli alla spesa entro la fine del suo mandato (e che dovrebbero essere concentrati nei prossimi tre anni, visto che in questo primo anno la spesa pubblica è addirittura aumentata e l’anno delle elezioni risulta un po’ difficile compiere scelte di bilancio simili), difficilmente ascolterà queste critiche. La sua scommessa è doppia: da un lato constata che la sinistra è esplosa, chi ha votato Jean-Luc Mélenchon difficilmente voterà mai per lui ma i più moderati, visto che una vera alternativa non esiste, finiranno per sostenere il meno peggio, in questo caso En Marche!, e dall’altro è convinto che sia ancora possibile recuperare consenso alla sua destra, vista la difficoltà dei Républicains a trovare una linea politica efficace per contrastarlo. Potrebbe quindi terminare il mandato meno popolare nei sondaggi, ma con più consenso elettorale.