Riportiamo di seguito un’interessante analisi di Francesco Maselli per la sua newsletter Marat sul grado di popolarità di Emmanuel Macron in Francia, lo stato delle riforme annunciate e il livello di percezione del miglioramento della situazione economica da quando è all’Eliseo: solo il 16% ha risposto sì.

In Francia esiste una parola per definire il ritorno dalle vacanze, la rentrée. Letteralmente vuol dire il rientro, ma contiene in sé la ripresa di tutte le attività, private e pubbliche, dei cittadini. La rentrée non è soltanto l’azione di tornare a casa (e quindi a Parigi per la politica), ma è anche il periodo dell’anno in cui si mettono in cantiere i nuovi progetti. Ad agosto, come in Italia, tutto si ferma, succede molto poco dal punto di vista politico, il presidente e i ministri letteralmente scompaiono. Per Emmanuel Macron questo periodo è particolarmente delicato, come per tutti i suoi predecessori: nel secondo anno le opinioni cominciano a cristallizzarsi, il primo voto (le europee del 2019) si avvicina e il governo dovrà presentare moltissime riforme. E le riforme, si sa, portano polemiche.

Cominciamo dalla sua popolarità, che è in calo. Come sapete, guardare la popolarità è utile fino a un certo punto, perché i giudizi possono cambiare e la democrazia elettorale è un esercizio molto diverso dalla democrazia dell’opinione. Ma bisogna constatare che sull’azione di governo i giudizi sono ormai poco favorevoli. In più, la crescita economica ha rallentato, le stime sono state riviste dal 2 per cento all’1,7 per cento, il che vuol dire meno margini di spesa per il prossimo budget.

 

Soltanto il 16 per cento crede che l’azione di Macron migliori la situazione francese, cifra che diminuisce al 6 per cento per chi crede che il governo stia migliorando la propria condizione personale. Un indicatore preoccupante, che conferma indirettamente il sentimento della maggioranza dei francesi, che vede Macron come un presidente distante. Il grafico è dell’istituto Elabe

La diminuzione dei funzionari pubblici

Macron aveva promesso di diminuire di 120.000 unità gli assunti nelle amministrazioni dello Stato. Un numero elevato, ma minore rispetto a quello promesso da François Fillon (che prevedeva una diminuzione di 500.000 persone), da raggiungere non con licenziamenti ma con minori assunzioni. La misura, a pieno regime, dovrebbe portare a un risparmio sugli stipendi superiore ai tre miliardi di euro, a fronte di una riduzione di personale, dice il governo, assolutamente sostenibile visto il numero di funzionari totale (5,5 milioni). Problema: nel 2018 il governo ha soppresso 1.600 posti, e stamattina il primo ministro Edouard Philippe ha annunciato che sopprimerà soltanto 4.500 posti nel 2019. Per mantenere la promessa restano tre bilanci per tagliare circa 35 mila funzionari all’anno. Auguri.

 

La riforma delle pensioni

Il tema accompagnerà tutti i governi di tutti i più grandi paesi occidentali per il prossimo futuro: la nostra società invecchia, facciamo pochi figli, il sistema pensionistico è stato pensato e contrattato quando il mondo era completamente diverso. La popolazione ha ormai compreso il problema e si rende conto che trovare un punto di equilibrio non sarà facile. Come vedete, i francesi sono piuttosto preoccupati che la loro pensione non basterà per avere un tenore di vita accettabile.

Lo studio è stato condotto dal Cercle de l’épargne/Amphitéa, lo scorso aprile

 

Il sistema attuale francese prevede una moltitudine di regimi per andare in pensione (i cosiddetti 42 regimi speciali) con regole di calcolo molto diverse tra loro e con una profonda diseguaglianza sull’età di pensionamento (alcune categorie possono andare in pensione prima dei 55 anni). Il governo non aumenterà l’età massima pensionabile, che rimarrà dunque a 62 anni, ma intende eliminare i regimi speciali per inserire un solo sistema, gestito dallo stato, con regole uguali per tutti. E’ una proposta di buon senso, e come vedete abbastanza popolare visto che nessuno vuole mantenere lo status quo.

 

Il problema è quando le regole saranno davvero applicate: per fare un esempio, i funzionari pubblici vanno in pensione al 75 per cento del loro ultimo stipendio lordo (circa l’80 del netto), se si passa invece al sistema “a punti”, dove un euro di contributi dà gli stessi diritti a tutti, il loro assegno diminuisce, visto che i contributi non saranno sufficienti a garantire una pensione equivalente. Per evitare grandi proteste il governo ha previsto una lunga fase di concertazione con i sindacati che comincerà questa settimana e si dice pronto ad ascoltare le parti sociali.

Come vedete, soltanto una minoranza pensa che le cose debbano restare così come sono, il rosso indica chi vuole una unificazione delle regole ma il mantenimento delle casse professionali, in azzurro chi aderisce all’idea di Macron: una sola regola, una sola cassa, gestita dallo stato.

Macron, che come detto più volte ha condotto una politica abbastanza di destra dal punto di vista economico, è molto apprezzato da quel tipo di elettorato. Il presidente dovrà tuttavia affrontare dei temi su cui ha da tempo mostrato una sensibilità più di sinistra. Il governo vorrebbe autorizzare la procreazione medicalmente assistita per tutte le donne, come ha dichiarato più volte Marlène Schiappa, ministro delle Pari opportunità. Oggi la procedura è legale soltanto per le coppie eterosessuali in cui almeno uno dei due coniugi è sterile o rischia di trasmettere una malattia grave al feto, Macron si è detto favorevole ad allargare la possibilità anche alle coppie lesbiche e alle donne single. Esclusa invece l’ipotesi di una gravidanza di una persona terza estranea alla coppia, che aprirebbe la possibilità di avere figli alle coppie omosessuali.

La misura è fortemente criticata dalla Chiesa cattolica e dalla “Manif Pour Tous” il movimento che si oppose ai matrimoni omosessuali voluti da François Hollande portando milioni di persone in piazza ed è impopolare nell’elettorato di destra. L’argomento è suscettibile di scatenare molte polemiche, ma è difficile che a questo punto Macron faccia un passo indietro.

Riforma dell’islam di Francia

La Francia, che come sapete ha una divisione molto stringente tra la religione e lo Stato, da lungo tempo si chiede come adattare il suo modello all’islam, religione irrilevante nel 1905, quando la legge sulla laicità fu approvata, ed oggi diventata invece molto più presente sul territorio. Per ora gli annunci sono vaghi, si parla di una riorganizzazione delle istanze di rappresentanza dei musulmani francesi, cercando di aumentare la loro capacità economica per evitare l’influenza di potenze straniere. Anche questo argomento è molto delicato.

Il fatto che il governo sia a lavoro e che le riforme continuino spedite è centrale nella propaganda di Emmanuel Macron. Tuttavia la percezione sta cambiando: nei primi mesi i francesi potevano essere in disaccordo sulla sostanza delle riforme, ma riconosceva al presidente la capacità di portarle a termine.  Oggi lo scetticismo sta aumentando, la maggioranza dei francesi è convinta soltanto che Macron sarà capace di portare a termine la riforma del prelievo alla fonte, tra l’altro decisa da François Hollande e molto “tecnica”: non è una riforma che costa economicamente, cambia semplicemente il metodo di raccolta delle imposte. In Italia e in gran parte d’Europa il sistema si basa sul sostituto d’imposta, non sono i dipendenti a pagare le tasse, ma è direttamente il loro datore di lavoro. In Francia invece siete pagati a lordo, pagare le tasse autonomamente è un dovere di ogni contribuente. La riforma cambia proprio questo, per la prima volta i francesi avranno delle buste paga dov’è direttamente prelevato l’ammontare delle imposte.

Su tutto il resto, come vedete, la fiducia è ormai poca.