La santificazione della Capitana Carola Rackete tradisce la drammatica mancanza da parte della sinistra italiana di una proposta credibile sul problema delle migrazioni. L’immagine di due esponenti del Pd come Graziano Delrio e Matteo Orfini che salgono a bordo della Sea Watch 3 poche ore dopo aver votato in maniera opposta alla Camera su un provvedimento decisivo come quello che riguarda gli accordi con la Libia rappresenta plasticamente le insanabili contraddizioni che attraversano su questo tema il maggiore partito di opposizione e gli altri partiti della stessa famiglia politica. Uno spettacolo piuttosto sconcertante, il pellegrinaggio sulla Sea Watch 3 di Delrio, Orfini, Fratoianni, Magi e Faraone, mentre l’ONG era impegnata in un braccio di ferro durissimo con le Autorità italiane che ha avuto come si è visto esiti drammatici. Si è coperta la carenza di idee con un omaggio movimentista più mediatico che sostanziale ad un soggetto, la tedesca Carola Rackete, mossa sì da motivazioni alte e nobili, ma che stava deliberatamente violando le leggi italiane e che aveva sfidato le nostre forze dell’ordine non per salvare i migranti da un naufragio che, ammettiamolo, non c’è mai stato, ma per farli arrivare per forza in Italia, destinazione prevista sin dall’inizio del loro viaggio.
Al di là del caso della Sea Watch 3, ora all’attenzione della magistratura, il problema è che, di fronte al fenomeno del trasporto illegale di migranti dall’Africa all’Italia, la sinistra non sa assolutamente cosa fare. E non avere una risposta, in politica è molto peggio che avere una risposta sbagliata. Incapace di articolare un pensiero credibile sull’argomento, la sinistra balbetta di un sistema di ingressi autorizzati basato sulle quote, sapendo benissimo che quel sistema sulla carta esiste già, in base alla Legge Turco-Napolitano, e che l’unico modo per farlo rispettare e renderlo efficace è limitare fortemente gli ingressi clandestini. Una parte della sinistra, per la verità, una linea sull’immigrazione per quanto discutibile ce
l’avrebbe. E’ quella che si identifica nell’impostazione di Marco Minniti, che propone una serie di limitazioni e controlli proprio alle navi delle ONG che operano nel Mediterraneo, unita ad un ingente sforzo economico e diplomatico in Africa, per limitare il più possibile le partenze e, dunque, gli sbarchi e le vittime.
La “linea Minniti” ha diversi sostenitori a sinistra, come Paolo Gentiloni e Carlo Calenda, ed ha prodotto indubbi risultati nel limitare il numero di arrivi negli anni 2017-18. Ma ha diversi difetti. Il primo è che, a sinistra, è largamente minoritaria. Molti elettori obiettano infatti ciò che è vero, e cioè che limitando le partenze dei migranti dalla Libia si allunga la loro permanenza nei terrificanti centri di detenzione libici. Il secondo difetto è che che la linea Minniti assomiglia moltissimo alla linea della destra, cioé di Matteo Salvini. E questo è un problema enorme, perché se tu proponi una versione “light” di una misura di destra, l’elettore che appoggia quella misura sceglierà assai probabilmente di votare direttamente la destra, che gli dà più garanzie. Inorridito dalla linea Minniti, l’elettorato di sinistra preferisce quindi optare per quella che potremmo definire la “linea Carola”, cioè la strada dell’”accoglienza” e dei “porti aperti”, in opposizione a Salvini che vuole invece i “porti chiusi”. I problemi della “linea Carola” sono però evidenti. Il primo è che tollera e anzi alimenta, seppur per ideali nobili, un sistema illegale che
nei fatti finanzia le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani dalla Libia. Il secondo è che, se non viene portata fino in fondo, manca totalmente di logica e di prospettiva. La “linea Carola” si basa infatti sul concetto che si debbano ricevere tutti i migranti che arrivano dalla Libia, perché fuggono da luoghi dove sono detenuti in condizioni drammatiche. Ma allora, se hanno un senso i selfie a bordo della Sea Watch 3, se quella della sinistra è la “linea Carola”, se è vero che la nostra coscienza ci impedisce di accettare che delle persone vengano detenute in Libia, la sinistra dovrebbe avere il coraggio di fare il passo successivo. E cioè annunciare che, una volta tornata al governo, organizzerebbe subito l’evacuazione dei centri di detenzioni libici e il trasporto in Italia di tutti i migranti. Una spettacolare missione di traghetti che preleverebbe da quei centri le circa 3-400mila persone che vi sono attualmente recluse e le porterebbe tutte da noi. Perché non si possono accogliere solo le poche decine di migranti che riescono rocambolescamente ad arrivare sulle nostre coste sui barchini o con le ONG. Se vanno salvati e accolti, vanno salvati e accolti tutti.
Questa soluzione avrebbe alcuni effetti certamente positivi, ma anche alcune serie controindicazioni. Il primo effetto positivo sarebbe sulla nostra coscienza. Nessuno potrebbe più accusarci di lasciare esseri umani nei “lager” libici e potremmo guardarci allo specchio, definirci illuminati, moderni, progressisti e di sinistra senza problemi. Il secondo effetto positivo è che si stroncherebbe il traffico illegale di esseri umani nel Mediterraneo e si renderebbero inutili altre odissee come quella della Sea Watch 3.
Le controindicazioni, però, sarebbero pesanti. Intanto perché saremmo soli: abbiamo visto come tutti i Paesi europei siano indisponibili a ricevere migranti africani se non in piccole dosi e dopo estenuanti trattative. E’ probabile che salterebbero gli accordi di Schengen e che Francia, Svizzera, Austria e Slovenia blinderebbero ancora di più le proprie frontiere con l’Italia. Ci ritroveremmo in sostanza a gestire un flusso migratorio senza precedenti con le sole nostre forze. Un provvedimento del genere innescherebbe poi inevitabilmente una incontrollabile reazione a catena. Perché è chiaro che se nel continente africano si spargesse la voce che l’Italia viene a prendere i migranti in Libia, si riverserebbero a Tripoli in pochissimo tempo altre centinaia di migliaia di migranti, forse milioni, che verrebbero a loro volta detenuti nei centri di detenzione libici e che dovremmo, per essere coerenti, andare a prendere. Una situazione che, non possiamo nascondercelo, dal punto di vista socio-economico sarebbe difficilmente sostenibile per il nostro Paese e che creerebbe fra l’altro problemi enormi anche in Africa.
Quindi, contraria alla “linea Minniti” perché troppo “di destra” e incapace di andare fino in fondo con la “linea Carola” perché difficilmente sostenibile, la sinistra italiana sale sulla Sea Watch 3, ma non sa cosa proporre. E si rafforza la sensazione nell’elettore che, se la sinistra andasse al governo, nel migliore dei casi l’Italia resterebbe immobile, nel peggiore riaprirebbe le porte del Paese all’immigrazione, riproponendo una situazione simile a quella del 2015-2016, quando sulle nostre coste e poi nelle nostre città arrivarono in pochi mesi centinaia di migliaia di migranti.
Fu quel fenomeno, più di ogni altro, ricordiamo, a far spostare rapidamente l’asse dell’Italia a destra e a generare quello che poi sarebbe diventato il trionfo di Matteo Salvini e, in parte, dei 5 Stelle. La gran parte degli elettori che ieri votavano a sinistra e oggi scelgono Lega e 5 Stelle è infatti quella che abita nelle periferie della grandi città o nei piccoli centri, quella cioè che subì maggiormente gli effetti dell’ingente ondata migratoria. La sinistra pagò, fra le altre cose, l’incapacità di offrire un progetto credibile alternativo alla destra su questo tema e di tutelare i cittadini più esposti al fenomeno. E avrebbe dovuto imparare che senza idee credibili alternative a quelle dell’avversario si può salire sulla Sea Watch a favore di telecamera, ma difficilmente si ottiene il consenso per governare il Paese.