Elaborazione di Giulio Saputo su testo di Giorgio Gaber.
Qualcuno era federalista perché era nato a Pavia.
Qualcuno era federalista perché il nonno, lo zio, il papà. La mamma pure.
Qualcuno era federalista perché vedeva Spinelli come una promessa, Albertini come una poesia, il federalismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era federalista perché si sentiva solo.
Qualcuno era federalista perché aveva avuto un’educazione troppo nazionalista. Ahi ahi ahi ahi
Qualcuno era federalista perché Schuman lo esigeva, De Gasperi lo esigeva, Monnet lo esigeva, Adenauer anche, lo esigevano tutti.
Qualcuno era federalista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era federalista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era federalista perché prima, prima, prima, era democristiano.
Qualcuno era federalista perché aveva capito che l’Unione europea andava piano, ma lontano.
Qualcuno era federalista perché Albertini era una brava persona.
Qualcuno era federalista perché Salvini non era una brava persona.
Qualcuno era federalista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era federalista perché beveva il vino e si commuoveva dopo i Comitati federali.
Qualcuno era federalista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era federalista perché era talmente affascinato dai populisti che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era federalista perché non ne poteva più di fare demagogia.
Qualcuno era federalista perché sperava in uno stipendio.
Qualcuno era federalista perché la federazione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era federalista perché, la crisi dello stato nazionale, l’ideologia, il piano inclinato cazzo.
Qualcuno era federalista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era federalista perché guardava solo la Rassegna stampa MFE.
Qualcuno era federalista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era federalista perché voleva federare tutto. Minchia.
Qualcuno era federalista perché non conosceva tutti i dibattiti ai Comitati centrali, alle Direzioni nazionali, alle Segreterie e affini.
Qualcuno era federalista perché aveva scambiato il Federalismo per il vangelo secondo Albertini.
Qualcuno era federalista perché era convinto di avere dietro di sé il popolo europeo. O cazzo.
Qualcuno era federalista perché era più federalista degli altri.
Qualcuno era federalista perché c’era il grande Movimento federalista.
Qualcuno era federalista malgrado ci fosse il grande Movimento federalista.
Qualcuno era federalista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era federalista perché abbiamo avuto i peggiori movimenti populisti d’Europa.
Qualcuno era federalista perché lo stato peggio che da noi, solo l’Uganda.
Qualcuno era federalista perché non ne poteva più di settant’anni di governi nazionali incapaci e corrotti.
Qualcuno era federalista perché Donald Trump, trentamila morti nel Mediterraneo, i neofascisti, la fine del welfare eccetera eccetera eccetera
Qualcuno era federalista perché chi era contro era federalista.
Qualcuno era federalista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare nazione.
Qualcuno credeva di essere federalista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era federalista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era federalista perché credeva di poter essere vivo e felice, solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era federalista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era federalista perché con accanto questo slancio ognuno era come, più di sé stesso. Era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra, il senso di appartenenza a una razza, che voleva spiccare il volo, per cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse ancora molti hanno aperto le ali, senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Proprio ora, ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra, il gabbiano a cui hanno rubato anche la purezza dell’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è mercificato.
Due miserie in un corpo solo.
{Ps. Non si offendano federalisti e compagni gaberiani, che si fa per ridere}