di Emilio Lamura, Ludovico Orizio, Eleonora Volpe
Prima del Covid, le strade di Berlino, come quelle di tante altre città nel mondo, si riempivano di ragazzi e ragazze, nostri coetanei, scesi in piazza per pretendere finalmente di entrare nell’agenda politica del Paese. Per la prima volta, i giovani tedeschi, sfilando lungo l’imponente viale Unter den Linden, fino alla maestosa Porta di Brandeburgo, reclamavano una classe politica che fosse all’altezza del loro futuro e che dimostrasse di ascoltare le loro istanze. Non è quindi un caso che i giovani teutonici si siano stretti intorno al partito dei Verdi (Die Grünen), forza politica che più di tutte è riuscita a farsi portatrice della voce di questa nuova generazione dal rinnovato spirito ambientalista, che rivendica un futuro all’insegna del “cambiamento” e della “sostenibilità”.
In questo senso, il merito dei Verdi tedesco è duplice. Da una parte hanno saputo giovare del neo-movimento ambientalista “Friday’s for Future” per inserirsi abilmente nella discussione politica del Paese fino a diventarne, oggi, parte fondamentale. Dall’altra il partito, capitanato da Annalena Baerbock e Robert Habeck, ha affrontato negli ultimi anni una trasformazione interna che ha favorito l’ampliamento della base elettorale. Infatti i suoi vertici, scrollatisi di dosso l’ideologia ecologista radicale di cui si facevano promotori e che li rinchiudeva in uno “schematismo ideologico”, hanno colto la necessità di proporre soluzioni nuove: sostenibili e al contempo pragmatiche. Il nuovo programma politico, solo il quarto nella storia del partito, comprende ora risposte innovative a domande di ordine nazionale ed europeo, su temi che spaziano dalla giustizia sociale alle politiche migratorie e a nuove prospettive per l’economia. Sempre nell’ottica della sostenibilità, ambientale e non solo. Il cambio di paradigma ha risposto alla necessità di dar voce a una nuova generazione, che evidentemente non si è mai pienamente sentita rappresentata dai vetusti partiti esistenti e che ha forti aspirazioni di cambiamento. Non a caso il 30% dei giovani tedeschi tra i 18 e i 30 anni oggi vota per i Verdi, evidentemente riscontrando nel partito, oltre che il fautore della prima ora contro il cambiamento climatico, anche il propugnatore di ideali di “cambiamento” rispetto ai vecchi paradigmi (economici, sociali, politici etc.)
Oggi i Grünen viaggiano su percentuali di preferenza superiori al 20%, e controllano sei Länder su sedici. Per le prossime elezioni nazionali del 26 settembre, tutto sembrerebbe puntare ad una maggioranza di governo che non possa prescindere dalla partecipazione dei Verdi.
Ai Verdi spetterà ora l’arduo compito di consolidarsi, e di mantenere una coesione interna in vista delle elezioni per il Bundestag, e oltre. I sostenitori di un ecologismo più antico e radicale accusano infatti i nuovi vertici di essere eccessivamente moderati e accondiscendenti verso le richieste del governo. Chiedono maggiore rigorosità nell’osservazione degli Accordi di Parigi, avendo particolarmente a cuore il rispetto del limite dell’aumento globale di temperatura medio di 1,5°C. E si discostano dal pragmatismo maturo dell’anima del partito più favorevole ai compromessi politici che richiede il sistema federale democratico.
L’esempio lampante di queste tensioni è stato il dissidio interno scatenatosi in seguito all’approvazione dell’abbattimento boschivo del Dannröder Forst, per la costruzione di un’autostrada nell’Assia a governo verde. In reazione a tale scempio, si sono formate piccole nuove coalizioni ecologiste su tutto il territorio teutonico dalla ‘Klimaliste Deutschland’ (la ‘Lista del clima – Germania’) per propugnare politiche più rigorose. Questi sviluppi non dovrebbero far oscillare eccessivamente l’impianto partitico, ma certamente i Verdi dovranno conciliare le istanze progressiste con quelle centriste per non rischiare una divisione interna.
Il grande successo riscosso tra i giovani è una risorsa ma rappresenta anche un limite per il partito. Nonostante il palpabile avvicinamento a posizioni più moderate, la politica dei Verdi continua a essere fortemente caratterizzata in tutti i settori da un approccio spiccatamente valoriale incentrato sui principi di solidarietà, sostenibilità e rispetto dei diritti, limitando di molto il consenso della popolazione di età più avanzata e politicamente più pragmatica. Ancor più che nell’attuale posizione di opposizione, i Verdi si apprestano a dover gestire laceranti mediazioni, poiché, in un potenziale governo con la CDU (Unione Cristiano-Democratica), le richieste conservatrici saranno ben numerose. Tutto ciò mentre i populisti dell’Alternative für Deutschland sono alla porta, pronti a tirare la corda per tentare lo strappo.
Nella visione dei Verdi il rafforzamento della dimensione politica dell’Unione europea costituisce una premessa quasi indispensabile per affrontare le sfide socio-economiche contemporanee. Tale dimensione politica andrebbe idealmente a rafforzarsi fino a costituire una Repubblica federale europea con una Costituzione europea, idea nata dal ministro degli Esteri verde Fischer nel 1999.
Questo processo di integrazione politica europea dovrebbe accompagnarsi a un crescente coinvolgimento dei cittadini europei attraverso un sostegno più diretto dei fondi del bilancio dell’UE agli attori della società civile locale, finalizzato a promuovere una vera e propria società civile paneuropea.
A livello istituzionale, i Verdi propongono una maggiore centralità del Parlamento europeo nel processo decisionale e il riconoscimento del suo diritto di iniziativa legislativa. Di conseguenza, essi sostengono la necessità di eleggere i deputati secondo norme uniformi tra gli Stati membri e nel quadro di liste transnazionali europee. Al tempo stesso rifiutano di subordinare la cooperazione internazionale, in particolare la politica di sviluppo, ad interessi migratori, economici o di sicurezza dell’Ue.
I Verdi si presentano dunque come l’alternativa giovane, in grado di avere un forte impatto sulla scena politica locale e nazionale, ed anche europea. Il loro futuro rimane però incerto, a fronte delle fratture tra idealismo e pragmatismo che potrebbero ulteriormente divampare alla base.