Per andare sul concreto, come ha rilevato Roberto Sommella sul suo blog, sono cinque gli interrogativi che restano sullo sfondo di un addio che si fa ancora più lontano, nel 2021 e non nel previsto 2019. Primo: che ne sarà della City. Lì campa la maggior parte del mercato dei titoli di Stato, le sole contrattazioni di derivati in euro muovono oltre 800 miliardi al giorno e coprono il 70% del totale. E’ la borsa più grande del pianeta, insieme a Wall Street. Difficile che non accusi il colpo. Nell’incertezza, le banche cominciano a smobilitare e a licenziare o trasferire in continente i dipendenti. Secondo: che fine faranno gli europei che vivono lì da meno di cinque anni. A parole, il governo di Londra assicura che non cambierà nulla ma verranno garantiti (‘’l’indipendenza degli inglesi non si scontrerà con i diritti delle persone, gli italiani resteranno’’). Nella pratica è difficile non pensare ad una stretta, visto che è stata proprio la voglia di fermare l’immigrazione a far vincere il Leave, non fosse altro per quello che ha appena certificato l’istituto di statistica inglese (nell’isola il nome Mohammad ha superato in popolarità niente meno che William). Terzo: sarà possibile unire le forze contro il terrorismo? Anche qui la May ha chiesto uno sforzo comune ma non ha il carisma di Churchill o Blair per convincere gli arcigni burocrati di Bruxelles. Quarto: che ne sarà dell’europeiste Scozia e Galles? Lasceranno la Gran Bretagna? Faranno la fine della Catalogna, che per la sua indipendenza ha in corso un braccio di ferro drammatico col governo di Madrid?
Quinto: nel 2019, quando ci sarà da rinnovare il Parlamento Europeo, gli inglesi voteranno ancora non essendo formalmente usciti?
Con questo approccio ambiguo gli inglesi scelgono di trattare con Michel Barnier piuttosto che governare l’Unione con Merkel. Non è lungimirante, anche perché sempre con Angela alla fine dovranno fare i conti in posizione di debolezza. La Gran Bretagna di oggi non ha la forza per fare a meno dell’Unione, mentre l’Europa necessita della Germania e viceversa. Con l’uscita al rallentatore scelta da May, si lascia lo scettro del comando a Berlino senza colpo ferire, confidando nell’alleanza con l’imprevedibile America di Donald Trump. A poco se non a nulla servono le parole concilianti, il riaffermare che servirà creatività e coraggio per una nuova partnership con l’Ue, in stile canadese. ‘’Gli occhi del mondo sono su di noi, ma se possiamo usare immaginazione e creatività per scegliere le modalità con cui impostare la nuova relazione, ritengo che possiamo essere ottimisti per il futuro che possiamo costruire per il Regno Unito e l’Unione Europea’’, ha detto l’inquilina di Downing Street e sembrava di sentire John Lennon quando cantava senza inutili ripetizioni ‘’Immagina che non esistano frontiere, non è difficile da fare, nessuno per cui uccidere o morire e nessuna religione’’.
Ma i versi della più celebre canzone del pianeta sono rimasti scolpiti nella storia. Le aspirazioni universali della premier britannica sono tutte da definire e per ora restano solo belle parole racchiuse in una innocente illusione: fare a meno della gabbia europea che per molti sta diventando un riparo. Abbandonare il molo di Dunkirk senza avere nemici alle spalle.