In Europa e nel mercato globale nessuno si salva da solo. In Germania il governo sta facendo di tutto per mettere in sicurezza i suoi colossi bancari, Deutsche Bank e Comme
Sul primo punto basta guardare la bilancia commerciale per rendersene conto. Tra i sette paesi più rilevanti per l’economia italiana, subito dopo gli Stati Uniti c’è la Francia, al primo posto per i legami finanziari, conclamati da una presenza invasiva nella penisola nel settore del lusso, nelle banche e nell’agro-alimentare, al secondo per l’interscambio commerciale, al terzo per gli investimenti diretti esteri e per la cooperazione tecnologica. La globalizzazione rende questi legami ancora più centrali, sebbene negli ultimi anni il rapporto si sia molto sbilanciato a favore dei cugini, lesti ad acquistare i migliori marchi del made in Italy e molto più chiusi nel caso contrario, come Fincantieri e tante altre aziende nostrane sanno bene da anni. Dal canto suo l’Italia è ormai fortemente integrata nel tessuto connettivo europeo ed è dunque un partner fondamentale per chiunque. Il 60% delle sue importazioni proviene dagli altri paesi dell’Ue e il 56% dell’export è invece ad essi destinato; questa interconnessione delle esportazioni è stata crescente, grazie all’allargamento dell’Unione, tanto che la loro incidenza sul Pil negli ultimi 20 anni è passata dal 13 al 18%. Stesso discorso per la finanza. I due terzi degli investimenti esteri diretti e di portafoglio nella penisola provengono poi dai paesi europei, che a loro volta ricevono il 60% di quelli italiani.
Sicuramente francesi e italiani sono molti diversi ma possono cooperare, cambiando però i rapporti di forza. I primi sono abituati a comandare, tanto che lo stato controlla aziende importanti come Edf, AirFrance, Airbus, Engie, Naval, Thales
Le ragioni politiche che sottendono ad un necessario rapporto tra Parigi e Roma sono ancora più radicate nel tempo. I francesi hanno dato un contributo fondamentale all’Unità d’Italia, sono stati poi alleati nella Grande Guerra e nemici nella Seconda, infine insieme a noi hanno fondato l’Unione Europea. Parafrasando quanto affermato dal commissario Pierre Moscovici, la porta a Ventimiglia deve restare sempre ‘’aperta’’, non solo per i migranti e per ragioni contabili comunitarie, ma perché conviene ad entrambi i paesi, dal punto di vista industriale e finanziario. Cosa accadrebbe se queste frontiere tra Francia e Italia tornassero? Chi vincerebbe la partita? Nessuno. Senza di loro l’Europa politica non c’è. Senza di loro il mercato unico si dimezza.
Il tempo spiegherà cosa è accaduto davvero tra Renault e Fca, ma è probabile che sia anche mancato un filo diretto tra Eliseo e Palazzo Chigi, troppo divisi in questo momento cruciale in cui si vanno componendo gli assetti futuri di tutti i vertici comunitari. Bisogna andare oltre rapidamente e questo deve essere chiaro anche al governo guidato da Giuseppe Conte. Occorre superare le polemiche congiunturali. Non è più tempo di dividersi sull’immigrazione e sulle proteste dei gilet gialli, queste contrapposizioni devono finire nel cassetto e devono essere bandite posizioni subordinate. Le operazioni ‘’stand alone’’ non funzionano più, in fabbrica come in politica. Questo vale per Roma come per Parigi.