Ora che Draghi ha detto che il peggio è passato, i Trattati vanno cambiati. Ma senza condividere il debito. A cosa serva allora il cambiamento non si sa. Stando alle dichiarazioni di Emmanuel Macron dopo il vertice con Angela Merkel, servito a rilanciare l’asse Parigi-Berlino in versione Merkelon, l’apertura ad una revisione del Fiscal Compact, se a questo i due leader pensano davvero, segna una vittoria di Pirro per coloro che vorrebbero una vera integrazione in Europa stile Stati Uniti d’America: una moneta, un esercito, un debito. Qui di unico, dopo la luna di miele per la vittoria del giovane candidato all’Eliseo, oltre la moneta, sembra esserci solo il pensiero. Teutonico.
Il primo incontro tra il neo presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel si è concretizzato in un impegno dei due leader a rinsaldare il rapporto tra Parigi e Berlino per rilanciare la costruzione comunitaria e in alcune frasi ad effetto che hanno suscitato inspiegabile entusiasmo tra i media. Serve mettere mano all’impianto formale che regge un’Unione Europea, sempre più percepita come burocratica, cinica e lontana dalle reali necessità dei cittadini. D’accordo. “Non ho dimenticato il messaggio di rabbia, di insoddisfazione e di preoccupazione del popolo francese”, ha aggiunto il presidente francese riferendosi al voto per le presidenziali. Per questo, l’Europa ha bisogno di una “rifondazione storica”. Giusto. Serve un lavoro comune per rafforzare l’eurozona, in modo da renderla piu’ coerente. Ineccepibile. “Alla lunga le cose andranno bene in Germania se vanno bene anche in Europa”, ha scandito invece Angela Merkel, parafrasando quello che pensava Agnelli della Fiat e del Belpaese, “questo è un tempo di rifondazione per l’Europa”. Come darle torto? Sono seguite paginate e note di giubilo: evviva, i Trattati si possono cambiare. Se questo significhi un’apertura o meno anche all’Italia, lo scoprirà a breve lo stesso premier Paolo Gentiloni, quando gli verrà chiesto di unirsi ai due con carte, penna e calamaio o di fare solo da ospite di riguardo. Se e come si possa modificare poi la costituzione economica europea nessuno lo sa né si azzarda a dirlo, perché è stata scritta a colpi di direttive e regolamenti.
Non serva a nulla quindi quest’apertura. Anche perché le porte restano sbarrate alla condivisione del debito, vero spartiacque nel passaggio da una confederazione a una vera federazione di paesi. Macron non è favorevole alla mutualizzazione dei debiti pregressi nella zona euro, perché questo porterebbe a una politica di “deresponsabilizzazione”. Parlava francese, sembrava di sentire Wolfgang Schauble. Dunque pietra tombale sul tema più importante in Europa, come l’aumento diffuso delle diseguaglianze stanno a dimostrare. Non tutto è perduto però, si potrebbero mutualizzare tutti i debiti pubblici futuri con emissione di Eurobond da parte di un ministro unico del Tesoro. Ci sarebbe un modo semplice per rimettere mano al Fiscal Compact, che tanta austerità ha portato in Europa: individuare in sede di recepimento uno strumento giuridico che sia ispirato alle ”esperienze maturate”, così come previsto dall’articolo 16 del Trattato stesso ed entro il 2017. Sono cinque righe molto chiare e molto flessibili. È una strada, l’unica, se si vuole spezzare l’egemonia tedesca in salsa francese. L’Italia, terzo debito pubblico al mondo, la promuova subito agli altri partner.
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