Il progetto Erasmus+ nato nel 2014 da precedenti esperienze in materia di mobilità europea, rappresenta uno dei programmi più ambiziosi della politica comunitaria e si colloca in una strategia mirante a supportare crescita, lavoro, equità e lotta all’emarginazione sociale all’interno dell’Unione.
Il progetto intende conseguire risultati in materia di educazione scolastica, apprendimento lavorativo, giovani e sport: questi i punti chiave di un’attività di promozione e di rilancio dei valori europei per proporre alternative ai nazionalismi e alla radicalizzazione di estremismi.
In questa prospettiva rientrano gli Youth Exchange, scambi interculturali di breve durata su argomenti specifici, volti a migliorare le abilità e le attitudini di tutti i partecipanti di età compresa tra i 13 e i 30 anni, provenienti da diverse nazioni e background. L’obiettivo? Incontrarsi, condividere, apprendere, insomma contaminarsi.
Le risorse stanziate dalla Commissione Europea nel 2016 per il programma Erasmus+ ammontano a 13.2 milioni di euro di cui 3.7 milioni sono investiti esclusivamente nei programmi Youth Exchange.
I fondi europei investiti ogni anno permettono di acquisire competenze nuove e crescere dal punto di vista personale attraverso la non-formal education tale da garantire alle giovani generazioni un ruolo più attivo nella società ed un miglioramento sensibile delle prospettive lavorative.
Tutto questo è Youth Exchange. Ma per comprendere appieno il significato è necessario immedesimarsi, vivere le dinamiche di questa esperienza.
Si parla di un progetto che concilia arte e impegno civile, imperniato sulla ricerca sistematica del dialogo tra le diverse anime del panorama europeo. Nell’arco di dieci giorni, grazie allo Youth Exchange – Bridges not Walls -, trenta tra uomini e donne, provenienti da Spagna, Lituania, Italia, Irlanda e riuniti ad Antaliepte, in Lituania, hanno lavorato, nella consapevolezza delle rispettive diversità, in vista di un unico fine: realizzare una performance in grado di far riflettere il pubblico sul significato, sulle cause, sulle conseguenze del fenomeno migratorio. D’altronde, è lo stesso titolo del progetto a riassumere il fine di questa iniziativa, ovvero l’insopprimibile necessità di abbattere i muri: dei facili pregiudizi, delle barriere anacronistiche, dei confini indecifrabili. Lo scopo? Costruire ponti, articolare dialoghi, perseguire tolleranza e solidarietà. Nella prima fase dello scambio, si è discusso della storia e delle differenti tipologie dei movimenti migratori, mediante un’analisi dettagliata della situazione riscontrabile nei Paesi aderenti, con particolare attenzione nei confronti dell’effettiva applicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tale riflessione si è successivamente concretizzata nell’ideazione di uno spettacolo, che ha valorizzato i talenti artistici dei partecipanti (musica, danza, canto, magia).
Progetti promossi da quell’Unione Europea spesso denigrata, sottovalutata, marginalizzata, senza la quale, però, Youth Exchange e tante opportunità simili, quali ERASMUS + studio, ERASMUS + traineeship, EVS (European Voluntary Service), non potrebbero trovare finanziamenti e, dunque, attuazione.
L’UE assicura, infatti, strumenti essenziali alle giovani generazioni, risorse che, per alcuni, rappresentano un’insostituibile possibilità di crescita.
Questi scambi mirano ad incentivare la conoscenza del diverso: per rendersi conto dell’esiguità delle differenze, per conoscere culture lontane, per unire e non dividere, per generare tolleranza, rispetto, amore. Cosa resta, dunque, delle paure fomentate dalla ‘’non conoscenza’’? Una speranza volta a creare nelle nuove generazioni e, perché no, nei futuri leader un sentimento di appartenenza, presupposto di una vera e propria “cittadinanza europea”, ma anche di una “cittadinanza universale’’.
Esperienze come queste cambiano il futuro, perché formano coloro che vivranno nel mondo di domani. Oggi, questa sfida ha coinvolto trenta cittadini d’Europa. Ma, in realtà, ogni giorno, essa continua a segnare la vita di molti, gettando il seme di una pace, che ha il sapore della rivoluzione: l’identità europea.