È tutto fiscale il motivo per cui in Veneto e Lombardia ha stravinto il sì al referendum sull’autonomia: le due regioni versano circa 70 miliardi in più di quanto ricevano dallo Stato centrale. Sarebbe stato davvero clamoroso dunque se ci fosse stata una prevalenza di voti centralisti invece che il boom oltre il 90% dei votanti che chiedono una maggiore autonomia.
Il governo si è affrettato ad aprire ad un dialogo con Milano, dove hanno peraltro votato in pochi e soprattutto con il Veneto del governatore Luca Zaia, ma è chiaro che questo esito referendario peserà molto sulle prossime elezioni politiche, oltre che rappresentare un “caso” italiano subito dopo le vicende della Catalogna.
Tornando ai risultati, ecco il motivo di tanto successo:
calcolato da Eupolis e rilanciato da Truenumbers, è tutto nel cosiddetto residuo fiscale, la differenza tra quanto un territorio versa sotto forma di tributi allo Stato e quanto da esso riceve sotto forma di servizi, il motivo del contendere. I versamenti riguardano in particolare queste imposte e tributi:
– Imposte dirette (es Irpef) , imposte in conto capitale (es Imu), imposte dirette (es Iva)
– Contributi sociali effettivi e figurativi versati da lavoratori e imprese (i contributi di lavoro che vanno principalmente all’Inps)
– Interessi, dividendi, redditi prelevati dai membri di quasi società (es interessi su obbligazioni di imprese) , utili reinvestiti di investimenti all’estero, fitti di terreni e diritti sfruttamento giacimenti
-Trasferimenti correnti o in conto capitale diversi da famiglie e imprese
– Produzione di servizi vendibili e produzione di beni e servizi per uso proprio
Questo, invece, è un elenco delle principali voci di spesa dello Stato sui territori regionali.
– Spesa per consumi finali (es spesa statale in giustizia, istruzione, ecc)
– Prestazioni sociali in denaro e trasferimenti correnti diversi a famiglie e istituzioni sociali private (le pensioni in particolare quelle sociali o di invalidità)
– Contributi alla produzione e trasferimenti correnti diversi a imprese (i vari incentivi alle aziende)
– Imposte dirette ,trasferimenti ad enti pubblici (ovvero i gettiti delle tasse come l’IRAP re-indirizzate alle regioni)
– Investimenti fissi lordi ( es. quando lo Stato costruisce una nuova autostrada in una regione)
– Contributi agli investimenti a famiglie e imprese (trasferimenti in conto capitale, per esempio contributi a fondo perduto a start-up).
I calcoli effettuati da Truenumbers hanno portato a una differenza che per alcune regioni appare da record. Innanzitutto per la Lombardia del governatore Roberto Maroni, che vanta un residuo fiscale a proprio sfavore di 54 miliardi circa. Ovvero la differenza tra quanto privati cittadini e imprese lombarde versano e quanto ricevono in servizi e trasferimenti è altissima, molto superiore a quella delle altre regioni.
La seconda regione, l’Emilia Romagna, vede un residuo fiscale molto minore, di 18 miliardi e 861 milioni
Viene poi il Veneto, con 15 miliardi e 458 milioni. Al quarto posto il Piemonte con 8 miliardi e 606 milioni.
A seguire tutto il Nord, tranne la provincia di Trento, la Toscana e il Lazio.
Al contrario vi sono quelle regioni in cui il calcolo del residuo fiscale dà un risultato negativo, perché quello che viene ricevuto da Roma è più di quanto si è versato. E’ il caso di tutto il Sud, la Sicilia ha il dato con il maggior deficit, – 10 miliardi e 617 milioni, poi vi è la Puglia, con -6 miliardi e 419 milioni, la Calabria, -5 miliardi e 871 milioni, la Campania, – 5 miliardi e 705 milioni.
Parimenti significative le differenze per i cittadini delle varie regioni. Dividendo il residuo fiscale per il numero di abitanti abbiamo quindi il residuo fiscale pro-capite. Anche in questa classifica la Lombardia è prima, con 5.217 euro per cittadino. Le differenze con le altre regioni tuttavia non sono più abissali. L’Emilia Romagna, è al secondo posto con 4.239 euro, il Veneto, al terzo, 3.141 euro. Viene poi Bolzano al quarto posto, che nella classifica precedente era più indietro, all’ottavo, con un residuo fiscale di 2.117 euro.
Tra le regioni con residuo negativo il valore record non è più della Sicilia, ma della Sardegna, con 3.169. Vi è poi la Calabria, con 2.975 pro capite, e la Basilicata, 2.192. La Sicilia è ora “solo” quartultima, con -2.089. Migliora relativamente la posizione campana che era al 18esimo posto e ora è solamente 14esima.
Queste cifre in parte già si conoscevano, ma ora assumono una valenza diversa, viste le tante spinte autonomiste in Europa, a partire da quella catalana che potrebbe prendere una piega drammatica dopo la sospensione dell’esito del referendum e la rimoIone del governo Puigdemont, per finire con il vento di destra che spira nell’ex cortina di ferro.
Non è ancora un nuovo corso italiano di quanto avviene in Spagna, ma sicuramente alle prossime elezioni del 2018, oltre al tema dei migranti e dell’economia, ci sarà anche quello della autonomia fiscale.