In tanti si sono esibiti sul decennale della crisi finanziaria. Molti hanno notato un’Italia meno riformata e più ingessata di prima, alcuni reclamano mercati più aperti alla concorrenza, altri hanno addirittura indicato nella moneta virtuale Bit Coin la prossima bolla che scoppierà. Eppure basterebbe controllare i dati assoluti per vedere come il nostro paese, rispetto agli altri occidentali, sia stato quello ad aver pagato il dazio più alto. I mercati nostrani piangono. Come ha rilevato Milano Finanza, Piazza Affari è ancora a livelli pari alla metà di quelli di un decennio fa (-46%), mentre il Dow Jones a Wall Street macina record (+60% sul 2007) come Francoforte (+59%) dove pure la crisi dal 2010 si sarebbe dovuta sentire.
Rispetto al 2007, il debito pubblico è aumentato di oltre 600 miliardi ( da 1.602 miliardi di euro a 2.278) nonostante il paradute della Bce salva spread; il Pil era pari a 1.493 miliardi, ora è poco sopra i 1.700;le sofferenze bancarie lorde sono invece quasi quadruplicate (da 47 miliardi di euro a 192) in due lustri; la ricchezza delle famiglie è cresciuta da 3.089 miliardi a 3.240. In pratica, la recessione post Lehman Brothers e gli effetti del fallimento greco e della crisi dei bond sovrani hanno fatto esplodere l’indebitamento, frenando la crescita. A tenere tutto in piedi – anche il tasso di disoccupazione in dieci anni è passato dal 6,1% all’11,7% – è stato così il settore privato, le famiglie, le imprese, le piccole e medie aziende. Nonostante uno stato che non è riuscito a frenare il debito e la spesa. Nonostante una pressione fiscale ben sopra il 40% e vicina al 60% se si considera il costo della burocrazia.
Volendo trovare uno slogan, l’Italia in questo decennio è stata salvata dagli italiani.
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