L’analisi di Francesco Maselli per la newsletter Marat. Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore.

 

Sabato 26 maggio Emmanuel Macron ha chiamato Giuseppe Conte per congratularsi con lui e fissare un incontro bilaterale a margine del prossimo G7, che si terrà a La Malbaie, in Québec, Canada. Una telefonata un po’ avventata, visto quello che è successo nelle ore successive: il veto di Mattarella su Paolo Savona ministro dell’Economia, la richiesta di impeachment per il presidente della Repubblica avanzata da Luigi Di Maio e Giorgia Meloni, il tentativo fallito di Cottarelli e finalmente il nuovo governo, una settimana dopo. Ma la fretta del presidente francese testimonia una certa curiosità verso il neo premier italiano e, soprattutto, il suo disperato bisogno di alleati in sede europea. I due hanno di nuovo parlato a telefono ieri, in un nuovo contatto stavolta previsto dal protocollo.

La volontà di lavorare assieme è un messaggio che l’entourage del presidente aveva fatto filtrare già durante le trattative delle scorse settimane, attraverso Repubblica. Anaïs Ginori, corrispondente del quotidiano a Parigi, ha avuto una breve chiacchierata con uno dei collaboratori più stretti di Macron, che le ha spiegato l’atteggiamento dell’Eliseo: “Vediamo in quale stato d’animo saranno una volta arrivati al governo. Il nostro messaggio è chiaro: non vogliamo perdere tempo, bisogna avanzare in fretta. Spero che gli italiani saliranno a bordo subito. Noi siamo pronti ad accoglierli”.

Perché Macron si affanna tanto per parlare con il capo del governo più euroscettico dalla fondazione della Repubblica italiana? La risposta principale è perché i francesi hanno bisogno di alleati in Europa, dopo che nell’ultimo anno si è formato un fronte di paesi del nord molto ostile alle proposte di riforma avanzate da Macron e dopo che Angela Merkel non sembra volere utilizzare energie per convincere la propria opinione pubblica e i paesi che fanno parte della sua sfera d’influenza della necessità del cambiamento voluto dall’Eliseo. E’ possibile, inoltre, che Parigi scommetta sull’autonomia di Giuseppe Conte.

Macron ha elogiato il “coraggio” di Sergio Mattarella dopo la crisi di domenica sera, quando sembrava il governo saltasse. E’ chiaro che su quelle premesse anti euro per il presidente francese la relazione si sarebbe complicata parecchio.

Il premier italiano è, in teoria, molto debole. Sconosciuto anche tra gli addetti ai lavori fino a due settimane fa, scelto per applicare un contratto di governo che non ha partecipato a negoziare, probabilmente esterno al famoso comitato di conciliazione che, secondo l’accordo firmato tra Lega e 5 Stelle, dovrà occuparsi di dirimere le eventuali divergenze tra i membri dell’esecutivo. Ciò non toglie che al G7, agli incontri bilaterali, al Consiglio europeo, ai vertici Nato e a tutti i viaggi internazionali partecipa il presidente del Consiglio, da solo. Tutto può essere, anche che Giuseppe Conte chiami Salvini&DiMaio prima di scambiare due chiacchiere con ogni leader internazionale, ma il nostro premier potrebbe dimostrarsi più indipendente di quanto sia apparso finora.

Il ministero degli Esteri, affidato da Sergio Mattarella a Enzo Moavero Milanesi, già ministro con Mario Monti ed Enrico Letta, avrà un ampio margine di manovra. Tra l’altro mi sembra (ma visto l’atteggiamento degli attori questo può cambiare repentinamente) che i membri politici del nuovo governo siano molto più interessati alla politica interna che a quella estera. L’internazionale non fa vendere copie, dice un pregiudizio molto diffuso nel mondo editoriale, è possibile che Salvini&DiMaio ragionino nello stesso modo: non è sprecando energie con Bruxelles e le altre capitali europee che si costruisce il consenso, piuttosto utilizzando le prerogative dei propri ministeri per parlare all’elettorato. Di Maio infatti si è concentrato fin da subito sul lavoro e sui debiti della pubblica amministrazione, Salvini sulla “pacchia” ormai finita per gli immigrati. Niente euro, niente Maastricht, niente Putin.

Luigi Di Maio entra per la prima volta al ministero del Lavoro, e spiega ai suoi elettori come intende lavorare da ministro.

Ho fatto una chiacchierata con Lorenzo Castellani, ricercatore alla Luiss di Roma e molto incuriosito dai rapporti tra Francia e Italia, per capire se secondo lui questa interpretazione è fondata: “Bisogna fare una distinzione: Conte non avrà un ampio margine di manovra su alcune scelte fondamentali, come su eventuali missioni militari, sull’immigrazione e anche sui rapporti bilaterali con alcuni paesi cioè Russia e Stati Uniti. Sull’Europa la partita è diversa, perché molto viene deciso nei faccia a faccia, ed è giusto che Conte guardi a Macron come Macron guarda a Conte: il governo ha nel presidente francese il suo miglior alleato, perché i tedeschi non si muovono su quasi nulla. Se il nostro esecutivo vuole ottenere qualcosa di concreto da Bruxelles ha bisogno di alleati, e le idee dei nuovi ministri Savona e Tria sono piuttosto simili a quelle di Macron, anche se i toni e i mezzi sono diversi. In sostanza Francia e Italia potrebbero provare ad allearsi per rafforzare la Bce e cercare di mettere in comune più risorse”.

Per avere un’interpretazione diversa, secondo Éric Zemmour il nuovo governo italiano è una pessima notizia per Emmanuel Macron

Un’intesa con il premier italiano sarebbe molto utile a Macron anche per tentare un nuovo approccio con il Movimento 5 Stelle. Il principale referente italiano di En Marche!, il partito del presidente, è Sandro Gozi, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei durante i governi Renzi e Gentiloni. Gozi ha più volte incontrato Macron e dialoga spesso con Christophe Castaner, che è il segretario del movimento macronista. Problema: Gozi, che ha spiegato in un’intervista al Foglio la necessità di creare una En Marche! italiana, non ha un grande seguito e quando si parla di un esperimento macronista nel nostro paese ci si riferisce molto di più a Carlo Calenda che a lui.

Due mesi fa, quindi, una parte del macronismo ha tentato di aggirare l’alleato del Pd per parlare con il mondo grilino. Shahin Vallée, consigliere economico di Soros ed ex collaboratore di Emmanuel Macron ai tempi in cui il presidente era ministro dell’Economia, il 28 marzo ha concesso una lunga intervista a Federico Fubini del Corriere della Sera. Alla domanda su una possibile alleanza europea tra En Marche! e il Movimento, Vallée non si è mostrato ostile per principio: “Dipende in gran parte da come il M5S vede l’Europa, un aspetto che non è chiaro. E bisogna vedere se i pentastellati saranno in grado di convergere con En Marche! e altre forze in Europa sulla base di una piattaforma coerente. Fondamentalmente, ci sono due tipi di forze politiche insurrezioniste in Europa oggi: quelle che di base sono nazionaliste e anti-europee e quelle che sono critiche sull’Europa ma vogliono riformarla. Per esempio, Syriza in Grecia o Diem25 (il movimento fondato da Yanis Varoufakis, ndr) stanno sfidando l’Europa che c’è ma vogliono trasformarla, non distruggerla. Queste sono componenti che con Macron e En Marche! possono trovare un compromesso per unire le forze”. Vallée non parla per Macron, ma esprime una sensibilità all’interno del mondo vicino al presidente francese. Sempre il 28 marzo “un titolato esponente” del Movimento ha detto a Salvatore Merlo sul Foglio: “Vorremmo avvicinarci al partito europeo che Macron formerà […] Di Maio ci ha detto di procedere con cautela, di aspettare prima che ci sia un governo”.

Emmanuel Macron visto da Sandro Gozi

Insomma qualche contatto all’epoca c’è stato, e la situazione politica per Macron in Europa non è molto cambiata, e se lo è di certo non è cambiata in meglio. E’ vero, il Movimento alleato della Lega è molto meno spendibile agli occhi dell’opinione pubblica francese, e una vera e propria alleanza per le prossime europee resta poco probabile. Tuttavia in Europa non si gioca da soli, dopo il primo e difficile anno continentale Emmanuel Macron sembra averlo capito.