di Andrea Muratore
Nell’ultimo incontro con i penalisti, svoltosi a Roma il 15 novembre in occasione del ventesimo congresso mondiale dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, il Papa ha colto l’occasione per esprimere le proprie critiche verso alcuni sistemi di giustizia che, a suo avviso, andrebbero riformati per contrastare meglio alcuni fenomeni che negli ultimi anni si stanno rivelando distruttivi per le persone più povere. Due su tutti: la «macrodelinquenza delle corporazioni» e «l’irrazionalità punitiva» di certe procedure giuridiche.
È un discorso fondamentalmente garantista quello del Papa, che dà l’idea di voler rispondere alla recente apertura del Cardinal Camillo Ruini a dialogare con Matteo Salvini (il Corriere della sera riferisce di un incontro privato tra i due). Intervistato dal Corriere, il Cardinale ha infatti rigettato l’idea «tutta negativa» che alcuni vorrebbero dare del leader leghista.
Il Papa, tra l’altro, ha criticato i discorsi di alcuni politici del governo, che gli ricordano quelli che Hitler teneva tra il ’34 e il ’36. Non solo i loro discorsi, ma la stessa cultura «dello scarto e dell’odio» promossa da alcuni esponenti politici sarebbe, secondo il Pontefice, da controllare per evitare danni maggiori. Ma è davvero così? Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la scomparsa dei regimi totalitari è stata seguita da tiepide forme di recrudescenza, che però non si sono mai rivelate decisive. Si tratta di fenomeni di emulazione che risultano fisiologici, considerata l’impostazione personalistica e fortemente cultuale dei tre regimi – Fascisti, Comunisti e Nazisti. Questi richiedono infatti che con una certa costanza si rispolveri la memoria gloriosa di una “Età dell’Oro” puramente immaginaria che i tre Regimi avrebbero voluto restaurare, senza riuscirci. Ma si tratta di un’operazione puramente rituale, che non potrebbe mai varcare la soglia del reale ed intimidire l’arco parlamentare, per l’evidente ed indiscussa esiguità di adesioni. Anche l’ultimo allarme anti-nazista, scattato a Dresda qualche settimana fa, ha suscitato le critiche di parte del governo tedesco, e in particolare del Cdu della Merkel, che ha bollato l’azione dei neo-nazisti come «mera politica dei simboli». Ma è meglio non abbassare la guardia ed interrogarsi a fondo su quello che sta succedendo.
E d’altra parte già Marx, nel 18 brumaio, avvisava che la Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. L’opinione pubblica è troppo attenta per permettere che una forma di storia del Novecento si ripeta tale e quale. I mezzi di informazione sono troppo pervasivi perché ciò accada senza che nessuno, come già avvenne per i lager, possa battere ciglio. Il potere statale è drammaticamente inconsistente e frammentato perché si possa esercitare un’influenza così massiccia a livello nazionale senza destare lo scandalo degli stati esteri. O almeno, in quasi tutto il mondo. Piuttosto, se avessi l’influenza di Papa Francesco, mi concentrerei sulle cause che permettono il risorgere di questi fenomeni, a partire dalla censura dei partiti di sinistra, che invece di intavolare una discussione, certamente critica, per tentare di capire le insofferenze dei partiti di estrema destra, preferiscono demonizzarli ed aumentare l’allarmismo dell’opinione pubblica inutilmente.
È un discorso fondamentalmente garantista quello del Papa, che dà l’idea di voler rispondere alla recente apertura del Cardinal Camillo Ruini a dialogare con Matteo Salvini (il Corriere della sera riferisce di un incontro privato tra i due). Intervistato dal Corriere, il Cardinale ha infatti rigettato l’idea «tutta negativa» che alcuni vorrebbero dare del leader leghista.
Il Papa, tra l’altro, ha criticato i discorsi di alcuni politici del governo, che gli ricordano quelli che Hitler teneva tra il ’34 e il ’36. Non solo i loro discorsi, ma la stessa cultura «dello scarto e dell’odio» promossa da alcuni esponenti politici sarebbe, secondo il Pontefice, da controllare per evitare danni maggiori. Ma è davvero così? Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la scomparsa dei regimi totalitari è stata seguita da tiepide forme di recrudescenza, che però non si sono mai rivelate decisive. Si tratta di fenomeni di emulazione che risultano fisiologici, considerata l’impostazione personalistica e fortemente cultuale dei tre regimi – Fascisti, Comunisti e Nazisti. Questi richiedono infatti che con una certa costanza si rispolveri la memoria gloriosa di una “Età dell’Oro” puramente immaginaria che i tre Regimi avrebbero voluto restaurare, senza riuscirci. Ma si tratta di un’operazione puramente rituale, che non potrebbe mai varcare la soglia del reale ed intimidire l’arco parlamentare, per l’evidente ed indiscussa esiguità di adesioni. Anche l’ultimo allarme anti-nazista, scattato a Dresda qualche settimana fa, ha suscitato le critiche di parte del governo tedesco, e in particolare del Cdu della Merkel, che ha bollato l’azione dei neo-nazisti come «mera politica dei simboli». Ma è meglio non abbassare la guardia ed interrogarsi a fondo su quello che sta succedendo.
E d’altra parte già Marx, nel 18 brumaio, avvisava che la Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. L’opinione pubblica è troppo attenta per permettere che una forma di storia del Novecento si ripeta tale e quale. I mezzi di informazione sono troppo pervasivi perché ciò accada senza che nessuno, come già avvenne per i lager, possa battere ciglio. Il potere statale è drammaticamente inconsistente e frammentato perché si possa esercitare un’influenza così massiccia a livello nazionale senza destare lo scandalo degli stati esteri. O almeno, in quasi tutto il mondo. Piuttosto, se avessi l’influenza di Papa Francesco, mi concentrerei sulle cause che permettono il risorgere di questi fenomeni, a partire dalla censura dei partiti di sinistra, che invece di intavolare una discussione, certamente critica, per tentare di capire le insofferenze dei partiti di estrema destra, preferiscono demonizzarli ed aumentare l’allarmismo dell’opinione pubblica inutilmente.
Oltre a queste cause, impossibile ignorare la travolgente ascesa economica dei paesi dell’Est: Ungheria e Polonia in primis. I brillanti dati economici di questi paesi, raffrontati al loro scarso senso europeista, testimoniano di un’Europa che forse, più che imporsi a livello culturale, si è curata solamente di foraggiare le stentate manovre economiche di questi Paesi o di puntellare le loro obsolete istituzioni ex sovietiche attraverso ingenti somme di denaro. Ma a livello geopolitico, non bisogna lasciarsi sfuggire questo momento propizio per far penetrare i valori comuni all’Est nei paesi dell’ex Patto di Varsavia: lo spopolamento delle zone meno abitate prosegue da anni, seguito da un crescente coagulamento attorno alle città più economicamente sviluppate, e quindi, di conseguenza, anche più sensibili – potenzialmente – al contagio europeista. Anche la decadenza dei valori cardine religiosi si risolve in due soluzioni: o in un ultra-cattolicesimo vicino alle destre estremiste (vedi la Polonia) o in un processo di scristianizzazione, che gioca a favore dell’Europa.
Gli ultimi dati sono chiarissimi e valgono anche per il nostro paese: nel 2018 – fonte ISTAT – per la prima volta sono stati celebrati più matrimoni civili (50,1%) che religiosi; sul fronte sociale, invece, secondo un recente sondaggio targato Noto ed EMG Acqua, nei comuni con meno di 60mila abitanti, la coalizione di destra raggiunge il 51,5%. Con l’avvicinarsi delle città intelligenti (smart cities), che prevedono un legame più stretto tra servizi pubblici e «capitale umano» e per la cui costruzione anche l’UE ha stanziato notevoli fondi, un’ottica conservatrice e sciovinista come quella proposta dalle destre appare, francamente, impossibile.
Ma per i futuri progetti europei, nei quali noi stessi ci sentiamo coinvolti, valga la sentenza di August Strindberg, quel magnifico scrittore svedese che forse – chissà! – si sarebbe detto egli stesso un fervente europeista: «l’idea è più della cosa». (riproduzione riservata)