Meno della metà della popolazione mondiale ha chiuso il 2021 in democrazia, con solo 21 Paesi su 165 definibili in “piena democrazia”. È quanto emerge dallo studio realizzato dalla Divisione ricerca e analisi (EIU) del gruppo britannico The Economist pubblicato il 10 febbraio scorso.
Il Democracy Index esamina lo stato della democrazia in 167 Paesi. Questo viene quantificato da l’Economist Intelligence Unit Index of Democracy basandosi su 60 indicatori raggruppati in 5 categorie: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica e cultura politica. Ogni Paese riceve un punteggio contenuto in una scala da 1 a 10 ottenuto dalla media dello stato dell’arte di ciascuna delle 5 categorie considerate. Le nazioni poi sono suddivise in quattro categorie: “Democrazie complete”, “Democrazie imperfette”, “Regimi Ibridi” e “Regimi autoritari”.
Il Democracy Index nel 2021 è sceso da 5,37 nel 2020 a 5,28, registrando il più alto calo annuale dal 2010. “I risultati – si legge in una nota – riflettono l’impatto negativo della pandemia sulla democrazia e la libertà nel mondo per il secondo anno consecutivo, con la notevole estensione del potere statale e l’erosione delle libertà individuali“.
Nella prima categoria della classifica si annoverano Svezia, Lussemburgo e Regno Unito, Corea del Sud, Giappone, Mauritius e Costa Rica. L’Italia è al 31mo posto nella classifica con un punteggio di 7,68, collocata tra le “Democrazie imperfette”, categoria alla quale appartiene anche la Spagna, declassata dallo status di “democrazia completa” , e la Francia, che detiene questo status insieme a Stati Uniti, Israele e Sud Africa. Categoria “regime ibrido” per Bangladesh, Senegal, Ucraina, Hong Kong, Tunisia, che hanno registrato uno dei cali maggiori.
Tra i “regimi autoritari” Algeria, Egitto, Russia, Ruanda, Vietnam, Cina. In fondo alla classifica, l’Afghanistan che, in mano ai talebani da sei mesi, è ora il Paese considerato come il meno democratico del mondo.