L’Italia protesta con l’Europa e compie un passo formale perché la questione dei migranti sta diventando emergenziale. E’ una scelta importante che arriva alla fine di quattro giorni drammatici. E’ come se fossimo tutti prigionieri di una bottiglia chiamata Italia lasciata andare nel Mediterraneo perché nessuno apre.
I segnali di questo incredibile isolamento vengono da lontano ma si colgono anche nelle piccole recentissime cronache quotidiane. Ad esempio quelle che arrivano dalla Liguria. Fin quando la frontiera a Ventimiglia resterà chiusa e le forze dell’ordine francesi costruiranno un muro impenetrabile per i migranti, sarà difficile sostenere che la Francia sta facendo la sua parte nella gestione comune degli immigrati. A parole, il presidente Emmanuel Macron, anche all’ultimo vertice del Consiglio Ue, ha ammesso che l’Europa avrebbe dovuto fare di più per aiutare l’Italia a fronteggiare quella che in queste ultime ore sembra essere diventata una mini-invasione. I fatti però dimostrano che il paese transalpino si comporta quasi come quelli dell’Est. Sono una novantina i migranti respinti nei giorni di fine giugno dalla polizia francese e accompagnati al valico di frontiera di Ponte san Luigi, a Ventimiglia. Quasi tutti i circa quattrocento immigrati che nella notte tra domenica 25 e lunedì 26 avevano lasciato l’accampamento di fortuna sulle sponde del fiume Roja sono stati intercettati e bloccati dalla polizia d’Oltralpe.
Si tratta di piccoli numeri. Come è chiaro che queste persone non sono richiedenti asilo ma disperati che cercano un posto dove fermarsi e che non si può evidentemente mettere sullo stesso piano un esercizio di controllo del territorio con i muri che Ungheria, Polonia Slovacchia e Repubblica Ceca hanno eretto.
Eppure questo rimpallo non di scartoffie ma di individui, tra due paesi fondatori dell’Europa è la spia che manca una consapevolezza politica del dramma in cui stanno precipitando le nostre forze di mare e intere popolazioni del Meridione.
Bene quindi ha fatto il governo Gentiloni a porre formalmente la questione al commissario europeo Avramopoulos. Una decisione forte, irrituale, che si spera porti risultati. Qui non si tratta di chiudere un occhio sul deficit, ricostruire le zone terremotate con grandi investimenti europei o di permettere il salvataggio pubblico delle banche venete. La posta in gioco è molto più grande e investe principi cui nessun partner vuol rinunciare in quanto basi fondanti dello Stato. Questi principi si chiamano frontiere, sovranità, difesa del suolo. La Commissione Europea deve intervenire subito e con fermezza, anche con sanzioni immediate, e non solo con procedure d’infrazione, per far rispettare i patti sui ricollocamenti. E paesi importanti come la Francia devono dare il buon esempio. Gli effetti di un ulteriore immobilismo comunitario sarebbero nefasti per tutta l’Unione Europea perché si sgretolerebbe l’hub di un intero continente: il nostro paese.
Della pericolosità della situazione, va detto con onestà, se ne era accorto due anni fa Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio e la preoccupazione del ministro dell’Interno, Marco Minniti, è figlia di quelle mancate risposte dall’Unione. Duemila migranti salvati nella giornata di martedì 27 giugno al largo della Libia, che, sommati a quelli arrivati da sabato 24, diventano oltre diecimila. Sono troppi per chiunque.
Se lasciata ancora sola, l’Italia diventerà una gigantesca tendopoli stile Calais e la patria di un nuovo euroscetticismo, molto pericoloso perché supportato dai fatti.
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