Una bella mini inchiesta di Nicola Mirenzi per HuffPost Italia tenta di fare un primo bilancio della politica di Matteo Salvini, leader incontrastato del governo sovranista, ascoltando esperti e politici. Alcune considerazioni sono interessanti, ma La Nuova Europa crede ancora nel progetto federalista. Ecco il suo racconto, tutto da leggere. “La via da percorrere non è facile, né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”. Quando Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero le ultime parole del manifesto di Ventotene, nell’agosto del 1941, l’unica strada che vedevano di fronte a loro era quella della costruzione dell’Europa. Settantasette anni dopo, rivolgendosi alla folla radunata per ascoltarlo in comizio, Matteo Salvini ne prefigura un’altra: “L’Europa dei popoli e del lavoro”, contrapposta “all’Europa delle élite e della finanza”. Potremmo chiamarlo il manifesto di Pontida. È l’appello con cui il capo della Lega si rivolge a tutti i sovranisti d’Europa in vista delle prossime elezioni del parlamento di Strasburgo, prefigurando un’altra Europa possibile. “I partiti sovranisti – spiega all’HuffPost Piero Ignazi, politologo dell’Università di Bologna – sono contro l’Unione Europea così come è stata realizzata, ma non sono contro l’Europa in sé. La loro idea di Europa è quella di una fortezza da difendere come un bastione dalle invasioni. Era l’idea delle destre radicali degli anni ottanta, che invitavano a difendersi dalle ingerenze americane e sovietiche. Oggi l’invasione da cui proteggersi è quella degli immigrati. È un’idea di Europa assai diversa dal concetto di Europa aperta e libera che si affermata finora. Un’Europa cristiana, non multiculturale, molto identitaria”. Per costruire questa nuova entità continentale, sostiene Matteo Salvini, occorre abbattere il muro di Bruxelles: l’unico modo, afferma, per liberare i popoli. Si può credere si tratti semplicemente di propaganda elettorale. “Invece – spiega Giovanni Orsina, professore di storia contemporanea alla Luiss –, è un progetto politico a cui Salvini sta lavorando da tempo. È una maniera diversa di intendere l’Europa. Nella quale molte questioni tornerebbero di competenza degli stati nazionali e gli accordi sovranazionali si siglerebbero solo quando gli stati sono d’accordo tra loro. È l’Europa in cui sarebbero di nuovo centrali gli stati nazione e diminuirebbe il ruolo della commissione di Bruxelles. Il trasferimento di sovranità smetterebbe di essere lo strumento principale della politica comune e tornerebbe protagonista la collaborazione. Certo, il rischio è che, dopo aver smontato il sistema europeo attuale, niente di nuovo sorga al suo posto, e ogni paese vada avanti per la sua strada. Nessuno, però, può negare che la cornice di trattati e norme dentro la quale si muove oggi l’Unione Europea non è più in grado di funzionare”. Evitando il tranello della demonizzazione, si può scorgere nel progetto di Europa sovranista anche “una sfida positiva” per l’Europa attuale, argomenta Alessandro Campi, professore di scienza politica all’Università di Perugia. “L’idea di costruire l’Unione Europa in polemica con le identità nazionali è del tutto fallimentare. L’essenza europea risiede nel pluralismo nazionale. Negare questo, significa negare la stessa storia europea. La difficoltà nella quale oggi si trova l’Unione ha a che fare anche con questa mancata elaborazione del proprio passato e delle proprie identità collettive. Aver rimandato il dibattito su che cos’è l’Europa dal punto di vista storico e politico ha fatto sì che l’Europa diventasse un semplice spazio geografico da difendere alzando dei muri lungo i suoi confini. Dopo essere state a lungo rimosse, le specificità nazionali sono tornate oggi nell’arena politica sotto forma di fantasmi che spaventano le opinioni pubbliche. Ma il modo più sbagliato di reagire a questa esigenza di riconoscimento che i partiti sovranisti pongono, pur nelle forme brutali che sono proprie di quei movimenti, è liquidarla come un semplice ritorno del passato, come se ci trovassimo di fronte a una marea nera che rischia di travolgere le nostre democrazie. Abbiamo visto alle ultime elezioni politiche italiane che urlare ‘al lupo, al lupo’ non è servito né a capire cosa stava succedendo, né a mobilitare l’elettorato che teoricamente avrebbe dovuto opporsi a questa avanzata”. Nella storia, i modelli per un’altra Europa ci sono: all’inizio degli anni sessanta, per esempio, il generale Charles De Gaulle propose il piano Fouchet, un progetto che prevedeva la costruzione di una forte Europa politica non basata, però, sul modello federale, bensì su una stretta cooperazione tra stati sovrani. “Non so se Salvini abbia in mente questo disegno – osserva ancora Orsina –. Per ora, l’unica cosa chiara è che egli sta mobilitando i partiti sovranisti per smontare l’Europa che c’è. Se poi, dopo aver compiuto questa operazione, si affermerà il progetto di mantenere una stretta collaborazione tra stati, è chiaro che quel modello assomiglierebbe molto al modello gaullista”. Potrebbe funzionare? Impossibile prevederlo. “L’unica cosa certa – obietta Gianfranco Pasquino, politologo, ex direttore del Mulino – è che i sovranisti non vogliono l’Europa politica e federale immaginata da Altiero Spinelli. Per il momento, l’unico vero europeismo esistente. L’ipotesi di costruire un’Europa delle nazioni, con una forte guida sovranista, mi sembra molto acrobatica. Il pericolo è che la cooperazione tra stati si trasformi rapidamente nella guerra di tutti contro tutti”. |