Fine lavoro mai. L’aggancio della longevità ai requisiti per andare in pensione allontana l’obiettivo di milioni di persone e scatena un putiferio tra sindacati e addetti ai lavori che chiedono al governo di riformare subito il regime previdenziale.
Aumenta di cinque mesi rispetto al 2013 l’aspettativa di vita in Italia a 65 anni. Lo ha certificato l’Istat nel report sugli indicatori di mortalità della popolazione residente relativi al 2016. «A 65 anni – secondo l’Istat – arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013.»
In base alla riforma Fornero, quindi, dal 2019 la pensione di vecchiaia scatterà a 67 anni e non più a 66 anni e 7 mesi. Per l’ex ministro del Lavoro e attuale presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia) occorre rallentare i tempi dell’adeguamento: «Energie per l’Italia si iscrive alla linea di controllo della spesa previdenziale ma ogni decisione rigorosa richiede gradualità di applicazione. Per questo – scrive Sacconi nel Blog dell’Associazione amici di Marco Biagi – ribadiamo la richiesta di rallentare i tempi dell’adeguamento in modo da ridurre il carico del cambiamento sui nati negli anni Cinquanta in quanto gia’ adulti all’atto della approvazione della riforma.»
Reazioni ancora più forti da parte della sinistra e dei tre sindacati CGIL, CISL e UIL che chiedono al governo Gentiloni uno stop all’automatismo.