Nella nuova Agenda Strategica 2024-2029 della Commissione si parla di transizione ecologica, ma con uno sguardo “nuovo”, orientato verso l’industria e il consolidamento dell’indipendenza dell’Unione in ambito produttivo. Un bilanciamento arduo, tutto da ridefinire in questa nuova legislatura. 

 

La formazione e l’insediamento delle rinnovate istituzioni dell’Unione Europea sono quasi al termine: sono stati confermati i vertici, definire le priorità da seguire e in particolare è stata divulgata l’agenda strategica 2024-2029. In quest’ultima si parla ancora di clima, cambiamento climatico e transizione ecologica, ma, confrontando il testo con quello dell’agenda in vigore fino al 2024, appare evidente che lo spazio dedicato a questi temi è minore e se ne parla in modo diverso.

Il Green Deal risale ormai a più di quattro anni fa, dicembre 2019,  all’inizio del primo mandato di Ursula von der Leyen come Presidente della Commissione europea. Nel 2021 è stata approvata la European Climate Law – Legge europea sul clima che ha reso vincolante l’impegno di neutralità climatica entro il 2050 e ha fissato l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni totali dell’UE del 55% almeno rispetto ai livelli del 1990 e, di recente, la Commissione europea ha indicato un obiettivo intermedio già previsto dalla legge, ma ancora non stabilito: il 90% di riduzione delle emissioni entro il 2040. Alla luce di tutto questo non sono mancate critiche che parlando di una transizione troppo veloce tant’è che il cambiamento climatico e la transizione ecologica hanno rappresentato un tema chiave in campagna elettorale dello scorso 6-9 giugno. Tra i politici europei che si sono espressi sul tema spicca la leader dei Verdi Terry Reintke, entrata in maggioranza promettendo di non accettare compromessi al ribasso sugli obiettivi del Green Deal.

Passi indietro ed equilibri difficili

Critiche mosse nei mesi scorsi ad alcuni progetti in linea con lo spirito del Green Deal hanno portato l’Unione a rivedere parte delle normative in materia; primo fra tutti il ritiro della proposta di regolamento sull’uso dei prodotti fitosanitari (SUR) a seguito delle proteste degli agricoltori, anche se il Parlamento aveva già respinto il regolamento e le trattative all’interno del Consiglio dell’UE si trovavano bloccate.

Una situazione di stasi si sta verificando anche per la Nature Restoration Law – la legge sul ripristino della natura: infatti, il regolamento è stato approvato all’interno del Parlamento (seppur con maggioranza risicata), ma si è bloccato all’interno del Consiglio dell’UE per mancanza di maggioranza qualificata degli Stati.

Parlamento e Consiglio si sono invece trovati d’accordo sul regolamento Euro 7, che stabilisce lo standard di emissioni per i veicoli stradali, ma le aspettative ambientaliste sono state ridimensionate rispetto alla proposta originaria della Commissione, soprattutto per quanto riguarda la dilatazione dei tempi di applicazione.

Meno recenti, ma comunque attuali nel quadro generale, sono le critiche mosse dai consumatori, ma anche dai produttori e dalle associazioni di categoria, per il divieto di vendita per le nuove auto a benzina e diesel a partire dal 2035, che hanno fatto sì che venissero inserite delle clausole nel regolamento, soprattutto per quanto riguarda le tempistiche di attuazione. Infine, anche la riforma della PAC – Politica agricola comune –  da un lato, considerata poco ambiziosa da alcune associazioni ambientaliste, dall’altro, troppo vincolante per gli agricoltori, ha portato a diversi momenti di dibattito.

 

Cosa dice a riguardo l’agenda strategica 2024-2029

Nella nuova agenda strategica, le rinnovate istituzioni europee pongono ancora l’accento sulla questione climatica, ma la declinano verso la necessità di una maggiore competitività europea nella transizione ecologica. Quest’ultima, poi, è spesso citata a braccetto della transizione digitale: «Rafforzeremo la nostra competitività e diventeremo il primo continente neutrale dal punto di vista climatico, realizzando con successo le transizioni climatiche e digitali, senza lasciare indietro nessuno», come si legge direttamente nel documento. Rispetto all’agenda strategica 2019-2024, il focus è soprattutto sulla dimensione industriale: «Nel nostro percorso verso la neutralità climatica entro il 2050, saremo pragmatici e sfrutteremo il potenziale delle transizioni verdi e digitali per creare i mercati, le industrie e i posti di lavoro di alta qualità del futuro», l’impegno è quello di creare «un quadro stabile e prevedibile – e – un ambiente più favorevole all’aumento della capacità produttiva europea di tecnologie e prodotti a zero emissioni. Investiremo in ampie infrastrutture transfrontaliere per l’energia, l’acqua, i trasporti e le comunicazioni». Tuttavia, la transizione climatica deve essere «giusta ed equa, con l’obiettivo di rimanere competitivi a livello globale e aumentare la nostra sovranità energetica».

Si parla anche di «un’economia più circolare ed efficiente sotto il profilo delle risorse, portando avanti lo sviluppo industriale delle tecnologie pulite, sfruttando appieno i benefici della bioeconomia e adottando una mobilità pulita e intelligente con un’adeguata infrastruttura di rete», per aumentare «il reddito reale e il potere d’acquisto, migliorando così il tenore di vita di tutti i cittadini dell’Ue».

Nel documento è lasciato poco spazio alla natura, alla biodiversità, degli ecosistemi, all’emergenza idrica e all’inquinamento. Nell’introduzione al documento leggiamo che «il nostro ambiente naturale si trova di fronte all’aumento di danni e disagi, dovuti a cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e inquinamento» e che il veloce sviluppo delle nuove tecnologie può essere vantaggioso, ma anche svantaggioso per l’ecosistema. In chiusura, troviamo l’impegno di continuare «a proteggere la natura e a invertire il degrado degli ecosistemi, compresi gli oceani. Rafforzeremo la resilienza idrica in tutta l’Unione». L’agenda strategica si esprime così a proposito del settore agricolo: «L’Unione Europea promuoverà un settore agricolo competitivo, sostenibile e resiliente, che continui a garantire la sicurezza alimentare» e ancora, «sosterremo le comunità rurali dinamiche e rafforzeremo la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare».

 

Letture contrastanti

Il documento è quindi capace di fare una sintesi delle priorità dell’UE per la prossima legislazione sul campo ambientale, climatico e della transizione ecologica. Sono, infatti, riconosciuti i problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici e sottolineato l’impegno nell’affrontarli, così come è riconosciuto il coinvolgimento delle industrie nella transizione ecologica. Emerge anche la posizione di ascolto e di confronto spesso assunta dall’Unione europea, che in questo documento è capace di sintetizzare le necessità e i punti comuni tra tutti gli Stati membri.

Tuttavia, lo spazio dedicato alla transizione ecologica e alla sua declinazione all’interno dell’agenda strategica ha suscitato giudizi non sempre positivi.

Per esempio Economia Circolare riporta il giudizio di Ariadna Rodrigo, senior political campaigner di Greenpeace UE, che afferma che i leader dell’UE «hanno appoggiato un piano che privilegia i profitti delle imprese e le spese militari, rispetto alla protezione della natura, per garantire un futuro migliore».

Gli attivisti di CAN EUROPE sono soddisfatti dei punti affrontati nella nuova agenda, viste anche le divisioni tra alcuni Stati membri. Tuttavia, Chiara Martinelli, direttrice dell’associazione, sottolinea che «il livello di urgenza climatica di questa Agenda strategica rispetto a 5 anni fa è sorprendentemente basso, eppure le sfide restano le stesse». Il linguaggio utilizzato è considerato vago e l’agenda risulta «meno dettagliata dell’accordo precedente e riflette le linee di divisione tra gli Stati membri su una serie di questioni», riconoscendo che la definizione di iniziative più specifiche spetterà ora alla Presidente della Commissione.

Sulla stessa linea di pensiero si pone il WWF: «L’Agenda strategica riconosce la sfida senza precedenti del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento […] Con la recente adozione della legge sul ripristino della natura, [i leader europei] si sono inoltre impegnati a continuare a proteggere la natura e a invertire il degrado degli ecosistemi. Questi impegni inviano segnali forti alla Commissione europea e al suo futuro Presidente».

Ester Asin, direttrice dell’Ufficio per le politiche europee, guardando ai problemi con la legislazione ambientale europea, afferma che «sono stati dovuti alla scarsa attuazione nazionale e alla mancanza di impegno politico, piuttosto che a difetti nelle leggi dell’UE», chiedendo ai leader e alla Commissione di concentrarsi sul successo delle politiche concordate, come d’altronde hanno indicato nel loro piano strategico, piuttosto che semplificare, e di conseguenza indebolire, la legislazione esistente.