di Milo Mastrangelo
Il Consiglio dell’Unione Europea, essendo l’organo dell’Unione Europea che rappresenta i singoli Stati Membri, è più sensibile a tematiche e preoccupazioni nazionali che agli interessi generali dell’Unione. Pertanto, quando è chiamato ad approvare proposte legislative UE, dà voce agli interessi di 27 protagonisti diversi, ognuno con i suoi scopi e obiettivi precisi. Vi sono due forme di processi decisionali che caratterizzano le delibere del Consiglio Europeo: il voto per unanimità, gradualmente messo da parte con l’espansione dell’UE a comprendere nuovi paesi, e il voto a maggioranza qualificata (VMQ). Quest’ultimo è il sistema prevalente: viene utilizzato infatti per l’80% delle proposte legislative, escluse quelle concernenti l’accesso all’UE di nuovi paesi, politica estera o sicurezza. Con il sistema del VMQ, una proposta è approvata secondo i criteri di “doppia maggioranza”: votano a favore il 55% degli Stati Membri, rappresentando almeno il 65% della popolazione Europea. Qualora la proposta non derivasse dalla Commissione Europea, la soglia minima si alza da 55 a 72%. La proposta non passa qualora non venga raggiunta la doppia maggioranza oppure qualora almeno 4 paesi rappresentanti il 35% della popolazione europea formino la cosiddetta ‘minoranza di blocco’. Le astensioni contano come voti contrari alla proposta. È evidente dunque come i voti di paesi con una maggiore popolazione pesino di più: il voto dell’Italia ad esempio, con i suoi 61 milioni di abitanti, vale l’8,2% del voto totale, mentre quello di Malta lo 0,9%. La principale motivazione che ha spinto l’UE ad adottare il VMQ a scapito dell’unanimità è principalmente legata alla preoccupazione che paesi piccoli bloccassero troppe proposte rallentando il processo di integrazione europea. L’ampliamento ad est del 2004-2007 in particolare, che ha visto l’accesso di 10 nuovi Stati Membri, ha reso evidente come l’unanimità sia uno strumento troppo inefficace e poco pratico. Tuttavia, alla luce dei notevoli rallentamenti e impasse che continuano a verificarsi all’interno del Consiglio, è lecito chiedersi se un sistema così fortemente influenzato dai voti nazionali sia il più efficace o se siano da prendere in considerazione ulteriori aggiustamenti al processo decisionale.