La Brexit si sta trasformando in un fantastico spot europeista. Non bastassero le elezioni bis che hanno portato al suicidio la premier Theresa May e l’atteggiamento tra il seccato e il luttuoso della Regina Elisabetta durante la sua presentazione a Westminster del programma di governo (senza corona e in azzurro Ue), ora ci si mettono anche le istituzioni comunitarie più importanti a disseminare di mine il terreno già accidentato del Leave.
Come anticipato in Euxit, i nodi, tutti finanziari, dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione stanno venendo al pettine. Lo dimostra un comunicato ufficiale della Banca Centrale Europea, finora silente nella contesa tra Londra e Bruxelles. E ora scesa in campo. Con l’artiglieria.
Dopo la Brexit la Bce intende infatti garantire la sua missione di sorveglianza delle transazioni finanziarie, che attualmente vengono effettuate in gran parte da Londra. Si tratta di qualcosa come 850 miliardi al giorno di controvalore, che generano miliardi di commissioni che potrebbero lasciare la City. La spiegazione l’ha data una decisione del consiglio dei governatori dell’Eurotower guidata da Mario Draghi, che ha appunto adottato una proposta di modifica dell’articolo 22 del suo statuto, che mira a “garantire l’efficacia e la solidità dei sistemi di compensazione e pagamento e dei sistemi di compensazione per gli strumenti finanziari in seno all’Unione e con i paesi terzi”. L’emendamento “conferirebbe alla Bce – spiega Francoforte – una chiara competenza legale nell’area della compensazione centrale che preparerebbe la strada perché l’eurosistena eserciti i poteri che sono previsti per le banche centrali che emettono una valuta nell’ambito della revisione della European Market Infrastructure (Emir) proposta dalla Commissione Ue”. Tradotto: i governi europei diano il potere alla banca centrale di vigilare su quella massa di transazioni, tutte denominate in euro. Richiesta più che legittima, visto che nessuno può dimenticare il ruolo dei mercati anglosassoni e della speculazione nella crisi dei bond sovrani.
Per le banche e altre istituzioni finanziarie europee, oggi Londra è il posto dove sono regolate, attraverso stanze di compensazijone, la maggior parte delle transazioni in moneta unica. “Le camere di compensazione nel Regno Unito compensano quasi il 90% dei contratti di swap su tassi per le banche dell’area dell’euro, e il 40% degli strumenti di copertura sui prestiti”, ha infatti ricordato recentemente Benoit Coeuré, membro del comitato esecutivo della BCE. Direbbe la Tatcher, ”give my money back”.
Più che evidente l’importanza di tali aspetti per la stabilità dell’euro. Quello che ora bisogna capire è come si articolerà la sorveglianza e il monitoraggio di questi colossi della finanza, che macinano ogni giorno decine di miliardi di transazioni, dopo che il Regno Unito sarà fuori dall’Unione europea. Fuori per davvero, se così accadrà. La Bce intende preservare per il futuro la sua funzione di sorveglianza della stanza di compensazione per garantire la corretta trasmissione della politica monetaria e il funzionamento dei sistemi di pagamento in euro, che verrebbe messo a repentaglio in caso di stop a una delle camere di compensazione non dipendente da una crisi che si sviluppa nel mercato dei capitali comunitari.
La proposta della Banca Centrale Europea di modificare il suo statuto sarà poi sottoposta all’approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo ma è facile prevedere che sarà avallata anche per aver un ulteriore strumento di pressione nei confronti degli inglesi. E come in un’azione a tenaglia, la mossa dei banchieri centrali dell’Ue segue di qualche giorno quella della Commissione europea, che ha invitato a valutare una revisione della direttiva volta a garantire la stabilità finanziaria delle stanze di compensazione “di natura sistemica per l’Unione europea”. Bruxelles potrebbe infatti imporre la delocalizzazione all’interno della UE della compensazione delle attività in euro: uno smacco finanziario per la City londinese.
Se c’è una cosa su cui in Commissione sono maestri è nella costruzione di gabbie giuridiche d’acciaio. Gli inglesi sembrano esserci finiti dentro come in un safari involontario.
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