Di Roberto Sommella
Gli europei sono il 7% della popolazione mondiale, producono il 25% del Pil totale e consumano il 50% del welfare planetario. Tuttavia sono sempre più diffuse le pulsioni a smontare l’Unione, quando sarebbe invece cruciale rafforzarla, nel momento in cui si festeggiano proprio in questi giorni i 60 anni del Trattato di Roma con molte manifestazioni e la marcia per l’Europa, e nel momento in cui alla globalizzazione si risponde con il nazionalismo di Trump, May e Putin e dei loro emuli europei.
Per rispondere a questa ondata di populismo occorre smontare i tanti luoghi comuni su cui si basano le tesi di chi vorrebbe tornare a confini e monete nazionali.
Per quanto riguarda i flussi migratori, non siamo affatto di fronte ad un’invasione, sebbene Germania, Francia e altri quattro Paesi del Nord vorrebbero un’ulteriore
sospensione dell’accordo di Schengen”. Ognuno tra Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna ha accolto tra i 100 e i 200.000 profughi. Solo l’anno scorso c’è stato il picco di un milione di ingressi nei lander tedeschi. Ma anche in Italia vanno smontati alcuni luoghi comuni: a
fronte dei 3 miliardi di costi per gestire l’emergenza profughi, i benefici derivanti dal flusso migratorio sono rilevanti. Nel 2014 i contributi INPS versati da lavoratori extracomunitari
ammontavano a circa 8 miliardi a fronte di prestazioni pensionistiche pari a circa 642 milioni e non pensionistiche pari a 2,420 miliardi, con un saldo positivo quindi di circa 4,5 miliardi di euro. E a livello fiscale i contribuenti stranieri hanno dichiarato nel 2014 redditi per 45,6 miliardi, versando 6,8 miliardi di Irpef. Anche sugli effetti del Quantitative Easing della Bce vanno sfatati i miti che vogliono l’Italia principale Paese beneficiario. Confrontando le variabili fotografate nel primo mese del 2015 (anno del varo del QE) con le ultime disponibili, sempre dello stesso anno, si dimostra che è la Germania ad aver goduto di più dalla politica monetaria di Francoforte. Serve chiarezza anche su chi ha guadagnato di più dalla partecipazione all’Unione. Ogni tedesco ha “speso” 1.034 euro per l’Europa, gli italiani 623 pro-capite, mentre gli spagnoli hanno ricevuto a testa 335 euro, i polacchi 1.522, i portoghesi 2.100, la Grecia 2.960 euro netti a cittadino ellenico. Passando invece alla ripartizione delle risorse strutturali comunitarie, si scopre che cresce la percentuale di denaro spettante all’Europa centro-orientale (177,57 a 180,93 miliardi, +2,6%) rispetto a quella dell’Europa occidentale (da 169 miliardi agli attuali 140, -16%). Dunque proprio nei Paesi dell’Europa dell’Est, dove si erigono nuovi muri contro i migranti, i trasferimenti strutturali comunitari sono diventati sempre più rilevanti, pesando ormai tra il 2 e il 3% del Pil. Questi sono i fatti poi si può scendere dall’euro come da un taxi ma la destinazione resta sconosciuta.