Clima infuocato sul clima. Dopo l’annunciata disdetta da parte di Donald Trump dell’accordo di Parigi, si registrano diverse prese di posizione. L’Unione Europea annuncia che andrà avanti sul piano di riduzione delle emissioni, la Russia appoggia la scelta americana, la Cina è silente, forse perché è uno dei paesi più inquinati e inquinanti del mondo. Persino il Vaticano critica, e non è la prima volta, il rude isolazionismo del presidente Usa. In questo contesto arroventato, che comunque non rende agevole gli Stati Uniti un recesso immediato dalle intese, torna la Francia e la sua voglia di rinnovata Grandeur.
”Make our planet great again”. E’ una vera e propria sfida a Donald Trump, già nella parodia dello slogan elettorale del presidente, ‘make America great again’, il messaggio alla nazione lanciato da Emmanuel Macron nel discorso televisivo con cui è passato dalle parole ai fatti nelle condanna alla decisione Usa di ritirarsi dall’accordo di Parigi per il clima.
“A tutti gli scienziati, ingegneri, imprenditori, cittadini responsabili che sono delusi dalla decisione del presidente americano, voglio dire che voi troverete nella Francia una seconda patria”, ha detto Macron in inglese. “Vi invito a venire a lavorare da noi, lavorare a soluzione concrete per il nostro clima, il nostro ambiente”, ha detto ancora ripetendo un invito che in effetti aveva rivolto già durante la campagna elettorale.
“Vi posso assicurare, la Francia non abbandonerà questa lotta – ha concluso – e vinceremo perché siamo impegnati a pieno, perché dovunque noi viviamo, chiunque noi siamo condividiamo la stessa responsabilità: rendere grande di nuovo il nostro Pianeta”.
Ma la realtà degli accordi è diversa dai proclami della Casa Bianca. La decisione annunciata ieri dal presidente Usa Donald Trump di uscire dall’accordo di Parigi sul clima richiede infatti tempi alquanto lunghi per la sua formalizzazione e, complice il calendario delle elezioni presidenziali e le tradizioni politiche, potrebbe non entrare ufficialmente in vigore. Di fatto, i meccanismi dell’intesa fanno sì che per gli Usa sarà più facile ignorarla – come Trump ha detto di voler fare – che uscirne formalmente. L’accordo di Parigi è stato siglato nel dicembre 2015, ma è entrato in vigore il 4 novembre 2016 e prevede che chiunque voglia ritirarsi non possa farlo prima di tre anni, quindi non prima del 4 novembre 2019 e a quel punto scatterà il preavviso di un anno. L’uscita formale non potrà avvenire pertanto fino al 4 novembre 2020. Proprio il giorno prima, tuttavia, il 3 novembre, negli Usa si terranno le prossime elezioni presidenziali. Nell’ipotesi che a vincerle sia un candidato pro-clima, il ritiro potrebbe essere rimesso in causa, se venisse rispettata la tradizione della collaborazione tra le due amministrazioni, l’uscente e l’entrante, nel periodo di transizione, considerato che il mandato di Trump è fino al 20 gennaio 2021. Non sono peraltro previste sanzioni per l’uscita dagli accordi. Insomma, una cosa complicata, come si sta rivelando per la Gran Bretagna uscire dall’Unione Europea.