Una revisione tutta a favore degli europei degli accordi sulle stanze di compensazione finanziaria dei prodotti venduti sui mercati, in pratica dove si fanno i calcoli del dare- avere a fine giornata. E’ quanto scrive il Financial Times in prima pagina a proposito di un piano della Commissione Europea di riportare nello spazio comunitario un rigido controllo appunto “dell’euro clearing market” laddove se ne sentisse l’esigenza in alcune fasi critiche. La proposta dovrebbe essere per ora solo pubblicata, nell’ambito dei negoziati tra l’Ue e la Gran Bretagna, giovedì 4 maggio e lascia presagire che la battaglia tra Londra e Bruxelles sulla Brexit e sui suoi effetti finanziari sarà durissima, tra minacce, dossier e costi del divorzio (stimati intorno ai 60 miliardi di euro a carico degli inglesi).

Il problema delle stanze di compensazione è poi nevralgico per la borsa di Londra. I tre quarti dei derivati denominati in euro nel mondo vengono scambiati nella City, per un controvalore nozionale di 850 miliardi al giorno. Una cifra immensa che permette grandissimi guadagni sulle commissioni: gli inglesi non ci rinunceranno mai, a costo di arrivare alle maniere forti. La prima candidata a scippare questa gallina dalle uova d’oro agli inglesi potrebbe essere la borsa di Francoforte, ma anche quella di Milano, se davvero i negoziatori europei andranno avanti nel loro intento che per ora sembra una provocazione. Tra l’altro Milano avrebbe dalla sua il fatto di essere comunque controllata dal London Stock Exchange. Il mercato delle compensazioni finanziarie è da tempo nel mirino dei francesi, che anch’essi vorrebbero trasferirlo nell’Eurozona. Di sicuro c’è che il clima non è buono. Jean Claude Juncher, il presidente della Commissione, avrebbe confidato tutte le sue perplessità sull’esito dei negoziati con l’Inghilterra, mentre la premier britannica, Theresa May, ha bocciato le linee guida della Ue appena varate dal Consiglio.

Che ci sarà da penare lo sanno bene anche in Italia. “Gli obblighi finanziari, di bilancio, sottoscritti dai britannici sino al 2023 rispetto all’Unione Europea, devono per forza, io credo, essere scaglionati negli anni, ma il punto non è tanto la modalità temporale del pagamento ma la cifra, la sua entità. Su questo, allo stato attuale vi sono chiare divergenze fra Regno Unito e Unione europe”, ha ammesso, parlando a Voci del Mattino su Radio1 Rai, Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei. “Il negoziato deve ancora essere avviato ma quello si annuncia come uno dei punti più complessi di una trattativa che di per se’ è già molto complessa e che dovrebbe entrare nel vivo a metà giugno”. Tutto dovrà essere definito entro il 29 marzo del 2019 e dopo le imminenti elezioni britanniche dell’8 giugno prossimo. Poco meno di due anni, un tempo che appare lungo ma che potrebbe rivelarsi invece esiguo, vista la delicatezza della materia e le cifre appena descritte coinvolte nella trattativa.