Le origini dell’8 marzo come Giornata Internazionale della Donna, sono controverse. Una convenzione le colloca nel marzo del 1911, il 25, quando, nell’incendio della fabbrica Triangle a Manhattan, morirono 146 lavoratori di cui 123 erano donne, anche molto giovani, in gran parte di origine ebraica e italiana. L’incendio, probabilmente di natura accidentale, scoppiò all’ottavo piano dell’edificio, ma il grande numero di vittime fu provocato mancate norme di sicurezza della fabbrica. Oppure si fa risalire l’origine della festa alla marcia delle donne a San Pietroburgo in pieno periodo zarista, l’8 marzo del 1917, per chiedere allo Zar di ritirare i loro mariti, fratelli e figli dalla follia del primo conflitto mondiale che stava mettendo in ginocchio il Paese a livello economico, oltre a mietere tante vittime.
Questo ci riporta tristemente ai giorni nostri (basti pensare alle manifestazioni di pace violentemente represse da Putin in Russia a pochi giorni dall’inizio del conflitto con l’Ucraina), ad un 8 Marzo 2022 in cui c’è ben poco da festeggiare, sia per la guerra in corso in Europa sia perché nel tempo la condizione della donna, sul quale la Giornata Internazionale vuole accendere i riflettori, non ha compiuto quel deciso e progressivo miglioramento che ci si aspettava.
Ogni anno, la Commissione Europea fa il punto sulla parità di genere nei vari Stati e pubblica un rapporto sull’argomento.
I risultati del rapporto dell’anno 2021 sono risultati impietosi: la pandemia ha esacerbato le iniquità tra uomini e donne su tutti i fronti. Il più importante è sicuramente quello lavorativo ed economico: la crisi, preesistente alla emergenza Covid ma da essa esasperata, ha costretto a chiusure o tagli del personale e sono state soprattutto le donne a restarne vittime. Proprio nell’ultimo rapporto Women in times of Covid-19, pubblicato dall’Eurobarometer, il centro di sondaggi e ricerca della Commissione europea, relativo a tutti i 27 stati nei primi mesi dell’anno corrente e pubblicato il 4 marzo, il 38% delle donne intervistate ha riscontrato un peggioramento nelle proprie entrate economiche; il 41% parla invece di un divario salariale notevolmente aumentato tra lavoratori e lavoratrici.
Questo non è il solo dato scoraggiante. In Polonia, ad esempio, il 28 ottobre del 2020 la Corte Costituzionale ha emanato una legge che vieta l’aborto e condanna chi lo pratica (ammettendo solo poche eccezioni), che ha provocato proteste e manifestazioni in tutta la popolazione, non solo quella femminile. Dissensi rimasti per ora inascoltati e spesso culminati in arresti o violenze da parte della polizia. Cresce poi il numero dei femminicidi. Solo nel nostro Paese sono già 6 dall’inizio del 2022 (nel 2021 erano stati 62, poco meno di 69 del 2020). Nel rapporto Women in times of Covid-19 a parlare di un aumento della violenza di genere sono il 47% delle intervistate.
C’è da chiedersi cosa vuol dire oggi essere donne in Europa. Che risultati sono stati raggiunti, cosa ancora manca, quali sono gli obiettivi e quali i mezzi per attuarli a livello europeo. Il rapporto dell’uguaglianza di genere in Europa relativo all’anno 2021 può essere scaricato qui https://www.eurodesk.it/notizie/rapporto-2021-sull-uguaglianza-di-genere-nell-ue
Il rapporto del sondaggio dell’Eurobarometer della Commissione europea, uscito il 4 marzo del 2022 può essere scaricato qui https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/2712