di Maria Pia Di Nonno*

*ricercatrice, autrice della mostra Le madri fondatrici dell’Europa con disegni di Giulia del Vecchio, vincitrice del Premio Spinelli 2018

“Perché mi premiate? Non ho fatto nulla di speciale. Ho solo fatto il mio lavoro”. Da questa affermazione possiamo già avere un’idea di quali siano gli ideali che animano Fausta Deshormes La Valle.  Una funzionaria militante giunta a Bruxelles negli anni ’60, in quegli anni in cui i funzionari collaborano tra loro non solo come professionisti, ma come portatori di valori comuni. Non è un caso che, per Fausta, il suo non sarà mai solamente un lavoro, ma una missione. Dall’affermazione pronunciata nel 1992 in occasione di un riconoscimento, e più in generale dal contributo di Fausta, si può rinvenire un ulteriore insegnamento: per lasciare una traccia significativa nella storia non sia per forza necessario essere dei capi di Stato e Governo. Ognuna e ognuno di noi, nel proprio piccolo, può fare la differenza.

Ma chi era Fausta, in breve? Nasce nel 1927 da una famiglia di giornalisti (Renato La Valle e Mercedes Trotta).  La storia della propria famiglia, già di per sé eccezionale, la influenza moltissimo. Studia Giurisprudenza all’Università di Roma (oggi Sapienza) ma ben presto volge la propria attenzione al giornalismo, all’Europa e all’informazione. Una passione questa che la porta a dare un contributo inimitabile al processo di integrazione europea. Questo avviene già in gioventù attraverso le attività della Campagna Europea della Gioventù (CEG) – movimento giovanile legato al Movimento Europeo – a cui lei aderisce.  Ed è proprio la CEG a rappresentare, di fatto, il suo lasciapassare verso le istituzioni europee.

Quando arriva in Commissione, nei primi anni ‘60, lavora alle dipendenze di due uomini eccezionali. Il Direttore Jacques René Rabier – già collaboratore di Monnet, primo Direttore della DG Informazione e in seguito ideatore dell’Eurobarometro – e Jean Charles Moreau, primo Segretario della CEG. Questi due uomini conoscono Fausta, il suo impegno e la sua professionalità e le danno grande fiducia. Nei primi anni Fausta si occupa di informazione e formazione dei giovani, ma anche di formazione continua degli adulti. Perché è importante ricordare questo periodo della vita di Fausta? Perché si tratta del contesto in cui avviene il primo incontro con le realtà associative femminili. Fausta organizza eventi, colloqui, visite guidate rivolte ai giovani, alle donne e non solo. Inoltre, Fausta usa quegli anni come palestra per affinare quelle doti e competenze che poi riversa nel settore della “informazione al femminile”.

È innegabile che, verso la metà degli anni ‘70, quando Fausta è temporaneamente distaccata presso il Gabinetto del Commissario Carlo Scarascia Mugnozza conosce già molto bene il mondo femminile. Il Commissario – che già in precedenza ha collaborato con lei – individua pertanto in lei la persona più adatta per seguire gli eventi relativi all’Anno Internazionale della Donna indetto, nel 1975, dalle Nazioni Unite ed anche la mobilitazione delle donne e delle loro associazioni. Fausta in sostanza si trova al posto giusto al momento giusto. Ed è così che, ben presto, viene coinvolta – per lavoro e per passione – in iniziative promosse da diverse realtà come: la Commissione femminile del Movimento Europeo e il Gruppo Femmes pour l’Europe promosso da Ursula Hirschmann.

La fiducia riposta dal Commissario Scarascia Mugnozza in Fausta è così tanto sincera che l’onorevole decide di mandare proprio lei alla Conferenza di Città del Messico del 1975. Ovviamente Fausta non delude le aspettative. Tornata a Bruxelles si rimette a lavoro. Bisogna portare avanti i lavori relativi al lancio di un’inchiesta sulla condizione delle donne e degli uomini d’Europa – promossa dalla Commissione europea – e organizzare, per la primavera del 1976, un grande incontro a Bruxelles per discutere i risultati del sondaggio. Alla conferenza partecipano un centinaio di donne provenienti da tutta Europa. E alla fine dei lavori – con il sostegno dei Commissari Hillery e Scarascia Mugnozza – viene approvata la creazione di due “uffici per le donne”. Un Ufficio relativo alle questioni lavorative, la cui prima responsabile è Jacqueline Nonon, e un Ufficio relativo all’informazione alle donne. A Fausta non è assegnato immediatamente l’incarico di responsabile dell’Ufficio Informazione Donne. Ne assume le redini nel dicembre del 1976, per espressa volontà di Mugnozza. L’Ufficio, che cambierà più volte nome e collocazione negli organigrammi della Commissione europea, si occupa di informare, sensibilizzare le associazioni femminili e le donne. E, soprattutto, crea reti di solidarietà.

Il principale strumento che consente di fare ciò è la rivista Donne d’Europa. Un primo numero (ma siamo ancora nella fase sperimentale) compare nel 1976, mentre due numeri di prova nel 1977. L’ultimo numero è del 1992. La rivista si presenta come una semplicissima pubblicazione in formato A4, in bianco e nero. È composta in media da 40 – 50 pagine ed è tradotta in tutte le lingue dei Paesi membri. La rivista è, poi, suddivisa in sezioni (che poi cambiano nel tempo) che raccolgono dati come: informazioni dalle istituzioni europee, informazioni dagli Stati membri, eventi e pubblicazioni. Ma chi redige i numeri? Vi sono, innanzitutto, per ogni Stato membro dei/delle referenti che mandano all’Ufficio le principali informazioni. È poi l’Ufficio della Commissione a compiere il lavoro di redazione e finalizzazione del prodotto. Nel tempo la rivista si arricchisce anche di numeri monografici specifici chiamati prima Supplementi e poi Quaderni. Infine, verso la fine degli anni ’80, viene introdotta anche la più snella Lettera delle Donne d’Europa.

In un mondo in cui non vi erano i mezzi di informazione di cui disponiamo oggi, la rivista rappresenta uno dei pochissimi strumenti di informazione e lavoro delle donne europee e delle associazioni femminili. Un chiaro esempio è rappresentato dal contributo dato alla Campagna elettorale del 1979, che porta all’elezione di Simone Veil e a un aumento consistente dei “seggi in rosa” al Parlamento: da circa il 6% al 16%.  

L’Ufficio diventa ben presto il punto di riferimento delle europarlamentari, delle cittadine, delle associazioni femminili. Crea rete, mette in connessione persone e entità associative. Supporta, direttamente e indirettamente, varie attività come gli incontri delle donne agricoltrici, delle donne amministratrici locali fino ad arrivare ad una serie di colloqui che pongono le basi alla creazione della Lobby Europea delle Donne, a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Un’idea, quella della Lobby, attribuibile a Fausta la quale, anche sulla base del lavoro condotto per l’informazione delle associazioni giovanili, si convince sempre più della necessità di creare un “forum permanente delle associazioni femminili”. Tuttavia, quando l’idea comincia a prendere peso Fausta è costretta a ritirarsi, per una serie di ragioni, e individua in Jacqueline De Groote una degna prosecutrice. Utile evidenziare anche un altro dettaglio, che forse un dettaglio non è. Jacqueline De Groote, come Fausta Deshormes, nel 1975 è tra le aderenti del Gruppo Femmes pour l’Europe voluto da Ursula Hirschmann e la cui prima riunione informale (il colloquio ufficiale si tiene nel novembre del 1975) cade il 24 aprile del 1974.

Che fine hanno fatto tutte quelle attività? Che fine hanno fatto Donne d’Europa, il Premio Nike e il Premio Femmes pour l’Europe? E l’Ufficio Donne? La risposta purtroppo è molto semplice: è stato tutto cancellato. Quando Fausta va in pensione viene posta la parola fine a quella saga. Fausta ne è consapevole da tempo. È, infatti, lei a chiudere le pubblicazioni di Donne d’Europa. Vuole evitare al bollettino una lunga e immeritata agonia. In realtà i premi e l’Ufficio resistono ancora un decennio per poi finire anche loro nel dimenticatoio della storia.

E Fausta cosa fa? Una donna così tanto combattiva si arrende? Certo che no. Continua a promuovere iniziative, aderisce ad associazioni e movimenti, scrive, partecipa a conferenze e soprattutto continua a fare pressione. È molto bella una lettera che nel dicembre del 1992 indirizza ad una Maria Pia (il cognome non è specificato) chiedendole di ricopiare a macchina una lettera e di farla inviare dal più alto numero di associazioni e persone al Presidente della Commissione Europea (all’epoca Jacques Delors). Qui un estratto della lettera integralmente ricopiata e inserita in allegato alla mia tesi di dottorato intitolata Fausta Deshormes La Valle: un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa.

Signor Presidente, […] noi consideriamo d’importanza vitale per l’Europa la continuazione dello sforzo di informazione e di sensibilizzazione delle donne e delle loro associazioni intrapreso dalla Commissione dal 1977, e che sembra ora gravemente compromesso. Abbiamo infatti appreso due tristi notizie: 1) la fine della rivista Donne d’Europa e 2) la fine dell’autonomia e della specificità del Servizio Informazione Donne in seno alla DG X. […] Donne d’Europa è stata durante 15 anni uno degli strumenti del Servizio Informazione Donne, il canale che ha permesso di veicolare non solo le informazioni sulla politica comunitaria per le pari opportunità, ma su tutte le politiche della Comunità suscettibili di interessare i cittadini, e le donne in particolare. […]  Inoltre, Donne d’Europa ha svolto un ruolo unico per favorire la conoscenza reciproca delle cittadine europee attraverso le frontiere, le lingue e le culture, stimolando così la solidarietà. […]   Del resto, la soppressione del Servizio Informazione Donne in quanto entità autonoma e specifica, ci sembra la logica conseguenza di tale abbandono. Noi ci interroghiamo sull’avvenire di tante iniziative che avevamo salutato con entusiasmo e seguito con interesse: il Premio Nike, i colloqui europei per le donne imprenditrici, per le agricoltrici, per le amministratrici locali; le altre pubblicazioni; gli audiovisivi, i sondaggi d’opinione che misuravano regolarmente lo stato dell’opinione pubblica nei confronti dei cambiamenti di società dovuti al nuovo statuto della donna nella vita politica economica e sociale […]

Non è certo se quella lettera sia stata mai trascritta, parzialmente o integralmente, ma in qualche modo è riuscita ad arrivare sino ai nostri giorni. Perché di fatto l’obiettivo che muove questo articolo è proprio quello di condividere le speranze e le aspirazioni di quella lettera.