di Vico Genovesi
Il 9 Marzo 2021 il Parlamento europeo ha deciso di revocare l’immunità a Carles Puigdemont, ex-presidente della Generalitat de Catalunya, e ad altri due politici catalani, Clara Ponsati e Toni Comin, rispettivamente ex-ministra dell’Istruzione ed ex-ministro della Salute del governo guidato dallo stesso Puigdemont. La Commissione giuridica del Parlamento Europeo aveva infatti votato a favore, a febbraio, sul rimuovere l’immunità ai tre eurodeputati dopo una richiesta del Tribunale supremo spagnolo del 2020. Ora la richiesta di estradizione potrebbe essere accettata, e la decisione è nelle mani delle autorità belghe, nel caso di Puigdemont e Comin, e del Regno Unito, nel caso di Ponsati. Ma da dove si è originata la vicenda, e quali sono le cause di questi recenti avvenimenti?
Puigdemont era salito alla ribalta nell’ottobre del 2017, quando, forte di un referendum sull’indipendenza catalana vinto dal sì, aveva dichiarato l’indipendenza della regione dalla Spagna. La decisione, ed il referendum stesso, furono però dichiarati incostituzionali dal Tribunal Constitucional e, a seguito degli scontri di Barcellona, Puigdemont viene sollevato dal suo incarico di presidente ed accusato di ribellione, sedizione ed appropriazione indebita. Per evitare il processo e l’eventuale condanna, Puigdemont si “esiliò” volontariamente in Belgio, e dopo varie vicissitudini, riuscì a farsi eleggere europarlamentare nel 26 Maggio 2019, ottenendo così l’immunità parlamentare. Da allora il leader catalano ha continuato a vivere in Belgio, anche se dal 2019 pende su di lui una nuova richiesta di estradizione da parte del Tribunale Supremo spagnolo, la terza dal suo esilio volontario.
La situazione in Spagna è però cambiata drasticamente da quando Puigdemont la ha lasciata. Il Primo ministro Mariano Rajoy, fiero oppositore di Puigdemont e del movimento indipendentista catalano, è stato sostituito dal socialista Pedro Sanchez, che ha dato segnali di apertura al riguardo, anche se miti. Negli ultimi giorni però, l’altra figura chiave della maggioranza di governo Pablo Iglesias, leader di Unidas Podemos, ha deciso di abbandonare il governo, e ad oggi la stabilità dell’esecutivo non è scontata. Anche la composizione del parlamento della Catalogna è cambiata, con le elezioni di quest’anno che hanno visto trionfare nuovamente i partiti indipendentisti che, uniti, hanno preso 74 seggi su 135. L’ex-partito di centrodestra di Puigdemont, Junts per Catalunya, da cui l’ex presidente è uscito nell’agosto dell’anno scorso, è la seconda forza indipendentista del parlamento, dietro alla Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), di centrosinistra. Attualmente però, i partiti indipendentisti non si sono ancora accordati, e la formazione di un governo di coalizione è tutt’altro che scontata. L’unica cosa certa è che il leader di ERC, Pere Aragones, ha allontanato ogni possibilità di cooperare con Sanchez ed il suo governo, ribadendo la ferma volontà indipendentista catalana. In un quadro politico così frammentato, una figura di rilievo come quella di Puigdemont potrebbe ancora ricevere molto sostegno, ed è difficile prevedere che conseguenze potrebbe avere un suo eventuale processo.
La notizia del voto del Parlamento europeo è stata ben accolta dal governo spagnolo. “I problemi della Catalogna devono essere risolti in Spagna, non in Europa” , ha dichiarato la ministra degli Esteri Arancha Gonzalez Laya, confermando la linea sempre sostenuta dal governo di Madrid. Ora la palla passa alle autorità legali belghe, che dovranno decidere sull’estradizione di Puigdemont. Qualsiasi sia l’esito, la questione sembra ben lungi dall’essere conclusa, e ancora una volta gli occhi dell’ Europa sono puntati sulla Spagna e sulla Catalogna.