Alla fine se ne vanno sul serio. Dalle 23 di Londra del 31 gennaio, la mezzanotte a Bruxelles (e in Italia), la Gran Bretagna non è più uno Stato membro dell’Unione europea. I Beatles sono più lontani col loro mito e anche la Borsa di Milano, per essere più prosaici, diventerà a breve extra comunitaria, compreso il tesoro del debito pubblico l’Mts e il ricco segmento Elite, che custodisce la più ricca banca dati delle pmi europee. Ma qui interessano le persone che fanno la storia e la vita quotidiana. In concreto però, cosa cambia per i cittadini italiani e dell’Ue? A breve termine, concretamente, niente, nè per i privati cittadini nè per le imprese. Questo, sino al 31 dicembre 2020, ovvero per il periodo di transizione previsto per negoziare le condizioni di un nuovo partenariato tra Ue e Regno Unito. Per il governo britannico, come ribadito dall’ambasciatore in Italia, Jill Morris, “qualunque cosa accada il periodo di transizione terminerà a fine anno”. Ma questo periodo di passaggio può essere prorogato una volta per due anni al massimo, previo accordo tra le due parti. Nel frattempo, il Regno Unito continuerà ad applicare il diritto dell’Unione, quindi nelle cose di tutti i giorni resterà un Paese Ue, anche se non più rappresentato nelle istituzioni europee. Ecco un piccolo vademcum.

La libertà di circolazione sarà dunque applicata sino alla fine di dicembre 2020. Il premier Boris Johnson ha spesso detto di volere cambiare radicalmente le regole in merito e le trattative non si annunciano facili. Sino alla fine della transizione, i cittadini europei residenti nel Regno Unito manterranno il diritto di residenza e di lavoro e la stessa cosa vale per i britannici in Ue. Ci sono complessivamente tra i tre e i 3,6 milioni di europei che vivono oltremanica e solo gli italiani sono circa 700mila. Durante la transizione, i cittadini europei residenti in Gb avranno invariati diritti in materia di sanità, pensioni, prestazioni sociali, ricongiungimento familiare, accesso all’istruzione. Per ottenere la residenza permanente dopo la Brexit (settled status) i cittadini europei residenti in Gran Bretagna devono presentare apposita richiesta entro giugno 2021. A dicembre 2019 secondo l’Home Office erano 2,7 milioni gli europei che hanno chiesto il “settled status” e solo il 58% l’aveva ottenuto, mentre il 41% si è dovuto accontentare del “pre-settled status”, che consente di risiedere nel Regno Unito per un periodo di cinque anni.

Per i turisti, basterà una carta d’identità valida per attraversare la Manica, almeno per quest’anno. Garantiti i diritti in caso di ritardo aereo, dei treni o dei traghetti. Poi, secondo i piani governativi britannici, scatterà l’obbligo di ottenere un visto elettronico, con procedura simile a quella per  l’ESTA (Electronic System for Travel Authorization) per l’ingresso negli Stati Uniti. E non basterà più la carta d’identità, ma servirà il passaporto biometrico. Visto massimo: tre mesi, ovvero per restare più a lungo ci vorrà un permesso di lavoro. “Il governo di Londra sta preparando i dettagli di un nuovo sistema per gestire l’immigrazione, sarà un sistema a punti, simile a quello che applica l`Australia, rifletterà gli interessi della nostra economia”, ha sintetizzato l’ambasciatore Morris. Ovvero, priorità ai lavoratori specializzati. Dal 2021, si vedrà. (riproduzione riservata)