La commozione dei francesi per la morte di Jacques Chirac, che tra due mesi avrebbe compiuto 87 anni, è sincera. Il suo vero successo politico è stato quello di proporsi ai compatrioti come uno di loro. Valéry Giscard d’Estaing guardava il popolo dall’alto dell’Eliseo come un aristocratico d’altri tempi poteva fare con i propri sudditi. Poteva anche invitare, come fece una volta, i netturbini a mangiare con lui al Palazzo, ma era chiaro che – nella stessa città – vivevano su due diversi pianeti. Chirac ha frequentato
anche lui, come Giscard e come tanti membri dell’élite transalpina, la prestigiosa ENA (Ecole nationale d’administration), ma ha imparato in fretta che i francesi non vogliono essere diretti da un superuomo ; preferiscono una persona capace di capirli. Di superuomo ne hanno avuto uno, Charles De Gaulle, che li ha salvati dal naufragio nella Seconda Guerra mondiale e all’epoca dell’Algeria. Inutile provare a imitarlo. L’ideale per la Francia a cavallo tra i due secoli era un personaggio che non avesse paura dei propri difetti, a condizione che fossero gli stessi del suo popolo. Capace di incavolarsi, pronto a
preferire la « testina di vitello » al caviale e vulnerabile dalle tentazioni su cui la severa moglie Bernadette ha chiuso per decenni un occhio e magari anche due. Nessun presidente della Quinta Repubblica è stato capace, come Chirac, di parlare agli agricoltori come un agricoltore, agli abitanti delle periferie come un abitante delle periferie, agli imprenditori come un imprenditore e agli intellettuali come un intellettuale. Tra le tante battute su di lui, una è verissima : « Ci sono uomini politici che
leggono Playboy nascondendolo nella copertina di un libro di Hegel ; Chirac legge Hegel nascondendolo dentro una copertina di Playboy ». Chirac era uomo del popolo senza essere populista. Come tutti i politici ha usato l’arte della demagogia, ma non ha mai perso di vista la stella polare dei valori. Ha avuto in varie occasioni espressioni durissime contro certe forme di immigrazione (una volta si è chiesto come si possa sopportare « la puzza di merguez sul pianerottolo »), ma non ha mai preso, neppure lontanamente, in considerazione l’idea di allearsi con l’estrema destra della famiglia Le Pen. E’ stato lui a riconoscere le responsabilità francesi nella deportazione degli ebrei all’epoca del regime di Vichy e della Seconda Guerra mondiale. Chirac era un uomo di destra, figlio di un mondo in cui le ideologie dominavano la politica e la società. Se nascevi in una famiglia di destra avevi novanta probabilità su
cento di avere il cuore a destra e di avere figli di destra. Idem per chi nascva in una famiglia di sinistra. Il centro praticamente non esisteva. La destra di Chirac era quella del gollismo. Che aveva i suoi difetti come tutte le ideologie. Ma che aveva anche solidi punti di riferimento, a cominciare dall’intransigente antifascismo. Chirac è stato un incrocio di contraddizioni, visto che nel quotidiano della sua carriera
politica si è abbondantemente servito dell’arma dell’astuzia. La cosa gli è andata bene fino al giorno in cui ha incrociato la spada con un personaggio, il socialista François Mitterrand, ben più astuto di lui. Due momenti restano scolpiti nella mente del cronista. Il dibattito alla vigilia del secondo turno delle presidenziali del 1988. La Francia usciva da un biennio di coabitazione tra un presidente di sinistra (Mitterrand) e un primo ministro di destra (Chirac), che si sfidavano per l’Eliseo. Mitterrand ha fatto
un’affermazione che Chirac considerava totalmente falsa. Chirac lo ha sfidato a ripetere la frase guardandolo negli occhi e Mitterrand (che forse mentiva) lo ha fatto davanti agli occhi di milioni di telespettatori. Altro momento di tensione di quel tele-duello. Mitterrand chiamava ostentatamente Chirac « Signor primo ministro ». E Chirac : « La smetta di chiamarmi primo ministro ; qui siamo due candidati presidenziali e basta ! ». E Mitterrand : « Lei ha perfettamente ragione, signor primo ministro ! ». L’altro momento che non posso dimenticare è quell’otto gennaio 1996 al salone delle
feste dell’Eliseo, dove i giornalisti erano riuniti per la rituale cerimonia degli auguri al presidente della Repubblica. Chirac era stato eletto qualche mese prima, nel maggio 1995, e per lui era il primo grande incontro con la stampa nelle sue nuove funzioni. La sua portavoce Catherine Colonna (che è poi stata ambasciatrice di Francia a Roma e che è oggi ambasciatrice a Londra) teneva a bada i giornalisti mentre il presidente era in grande ritardo. Finalmente Chirac arriva e parla senza mascherare la sua emozione.
Dice : « Sono appena stato a rendere omaggio al presidente François Mitterrand, che ci ha appena lasciati ». E’ stato lui a dare l’annuncio della morte del suo vecchio rivale, sconfitto dal cancro. Tra Chirac e Mitterrand c’era ostilità, ma anche comprensione reciproca e senza dubbio stima.
C’era invece una cordiale antipatia reciproca (con ben poca stima nei due sensi) tra il gollista Chirac e il liberale Valéry Giscard d’Estaing. Nel 1974, alla morte del presidente super-gollista Georges Pompidou, il problema del giovane rampante Chirac è quello di rottamare il gollismo tradizionale. Dunque sostiene il liberale Giscard nella corsa all’Eliseo. Giscard vince e nomina Chirac primo ministro. Nel 1976, Chirac abbandona il governo e rifonda il gollismo, spaccando il centrodestra. Nel 1981 si presenta al primo
turno contro Giscard, che è indebolito da questa spaccatura a destra e che perde al secondo turno davanti a Mitterrand. Nel 1986 si vota per l’Assemblea nazionale e la destra, ormai guidata da Chirac, stravince. Comincia il biennio della coabitazione. Una volta all’Eliseo, Chirac cerca di riformare la Francia con qualche fallimento (la riforma delle pensioni del 1995) e qualche successo (la riforma costituzionale, che riduce il mandato presidenziale da 7 a 5 anni). Nel 2002 è dunque rieletto per un
quinquennio a seguito dell’inedito ballottaggio col leader dell’estrema destra Jean-Marie Le Pen. Uscendo dall’Eliseo nel 2007, Chirac cede il potere a un « giovane » leader della destra francese, con cui aveva avuto rapporti agrodolci (spesso più agro che dolci) e che risponde al nome di Nicolas Sarkozy. Al seondo turno delle presidenziali del 2012, quando Sarkozy sfidava il socialista François Hollande, Chirac fa chiaramente capire la sua preferenza per Hollande.
Con Chirac se ne va uno degli ultimi « grandi vecchi » della politica francese. Se ne va un uomo di terreno, legatissimo a due realtà locali : il suo feudo elettorade del Limosino, nel cuore della Francia profonda, che è una Francia rurale ; e la città di Parigi, di cui è stato sindaco dal 1977 al 1995. Ieri i francesi si sono emozionati e magari anche commossi. Non pensano di aver perso un leader. Pensano di aver perso un amico. Uno di loro.