A due giorni di distanza, le parole di Liliana Segre al liceo Caetani a Roma e la vergognosa maglietta di Predappio. Da una parte il terribile racconto di ciò che quel capitolo grottesco e disumano della storia è stato, dall’altro il becero “humor nero”, per citare la orgogliosa proprietaria della maglietta, che ha trovato spazio nella commemorazione della Marcia su Roma a Predappio. Anzitutto, una precisazione importante: quella maglietta non era humor nero. In ogni caso vergognosa, sarebbe stata quello che la proprietaria sostiene sia stata, in qualsiasi altro contesto. Ma a Predappio, durante una manifestazione politica, quella maglietta era un qualche cosa di innegabilmente politico. Non era una goliardata, non era una battuta. Era una dichiarazione politica: “Questo è ciò che per noi Auschwitz rappresenta”. E il motivo è che una maglietta che rappresenta in stile “black humor” episodi come Piazzale Loreto non ha ed avrebbe mai trovato spazio nell’armadio di quella donna che, con il sorriso compiaciuto e divertito, era alla commemorazione del 28 Ottobre. Detto questo, ciò che mi sorge spontaneo chiedermi è: che farsene della memoria? La simpatica signora sa benissimo cosa è stato Auschwitz e non potevano non saperlo quei ragazzi che sono dovuti essere ripresi dalla stessa senatrice Segre durante il suo racconto di quegli anni orribili, perché chiacchieravano. Questo è un paradosso davvero terribile. La memoria era di fronte a loro. Stava raccontandosi e palesandosi nella sua forma più diretta e autorevole possibile: attraverso la viva voce di una sopravvissuta ai campi di sterminio. E ciò che mi viene da pensare è che, alla luce di queste due spiacevoli situazioni, la memoria non basta. La memoria da sola non può combattere una battaglia così grande come quella contro l’odio, l’indifferenza e gli istinti più bestiali dell’essere umano. Coloro che si definiscono “negazionisti”, non solo conoscono i campi di sterminio ma li studiano ed approfondiscono per tentare maldestramente di negarne l’esistenza. Aiuta sicuramente molti ricordare cosa sono stati, ma per alcuni non saranno i documentari, non sarà la Segre, non saremo noi, antifascisti che ci battiamo per il ricordo di quell’orrore, a evitare che si torni ad odiare con la stessa ferocia di quegli anni. Si può solo lavorare affinché quella degli odiatori rimanga una percentuale minoritaria. E la memoria è uno degli strumenti, a cui vanno accompagnati l’europeismo, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e l’amore per il prossimo.