È caduto un altro muro ma nessuno lo sa. O meglio, nessun addetto ai lavori se ne è accorto, diffondendo la notizia anche presso l’opinione pubblica. Eppure quello che è accaduto lo scorso 11 giugno potrebbe avere una portata storica: l’Ucraina ha deciso di far viaggiare liberamente, anche se a tempo determinato, i propri cittadini nello spazio europeo. Centinaia di ucraini hanno infatti per la prima volta attraversato, senza bisogno di visto, la frontiera tra il loro paese e l’Unione Europea, con l’entrata in vigore dell’esenzione dei visti con l’Ue per soggiorni fino a tre mesi. Una scelta importante e di rottura, che fa venire in mente le fila interminabili di persone che nel 1989 attraversarono pacificamente e per la prima volta i varchi nel muro di Berlino. Anche in quel caso, l’Est si univa all’Ovest. Oggi è il paese ancora martoriato dalla guerra in Crimea – per cui il Consiglio Europeo ha appena rinnovato di un anno le sanzioni alla Russia – a vivere questa ventata di libertà che potrebbe avere una portata storica, visto che si riconosce di fatto all’Ue il ruolo di stato e che l’ucraina ambiva, prima del conflitto, ad entrare nell’euroclub dei 28.
“Il regime d’esenzione dei visti è iniziato! Gloria all’Europa! Gloria all’Ucraina!” ha annunciato con una certa enfasi il presidente Petro Poroshenkor, dopo aver celebrato alla vigilia “l’addio definitivo all’impero russo” in una cerimonia a Kiev. “Le parole ‘Back in USSR’ saranno solamente un titolo di una canzone dei Beatles”, ha aggiunto. Della cosa se ne è accorto il New York Times, che ha parlato apertamente di una via europea all’integrazione (‘’E.U en marche’’, ha titolato) come risposta all’isolazionismo di Trump. La misura ha infatti un importante valore simbolico per l’Ucraina, dove una sollevazione filo-europea nel 2014 ha provocato il rovesciamento dell’ex presidente Viktor Yanukovich, rifugiato in Russia, e l’arrivo al potere di Poroshenko. Da lì, tuttavia, è anche iniziato il conflitto con i filorussi che ha portato all’annessione della Crimea alla Russia e ai combattimenti nell’est del paese, ancora in corso.
Tutti gli ucraini che possiedono passaporto con dati biometrici potranno quindi recarsi in uno stato dell’Ue per 90 giorni al massimo su un periodo di 180 giorni per affari, turismo e per visite a familiari o amici. Non avranno tuttavia il diritto di lavorare. L’esenzione dei visti per gli ucraini si applica a tutti i paesi Ue, salvi Regno unito e Irlanda, ma anche per l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera.
Come importante è anche un’altra scelta di un paese dell’Est Europa, di cui non si sapeva ancora nulla. La Romania, grazie anche al silenzioso lavorio diplomatico dell’Italia, ha respinto l’invito del Gruppo di Visegrad (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria) ad entrare nel consesso dei paesi euroscettici che non stanno peraltro applicando il piano di ricollocamento dei migranti. Se Bucarest avesse aderito alle avances di Victor Orban e alleati, si sarebbe creata una pericolosissima cortina di ferro in tutta l’Europa orientale con gli effetti sulle politiche europee di accoglienza che si possono facilmente immaginare.
Le due notizie ci raccontano una cosa importante. La costruzione europea non avviene solo grazie ai movimenti dei paesi fondatori ma va avanti proprio grazie alla voglia di integrazione di coloro che sono entrati un decennio fa o ancora aspirano ad entrare. E’ un moto prorompente che può dare una spinta decisiva al rafforzamento dell’Unione.
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