Per spiegare l’Europa troppo spesso si usano i numeri. Quelli dei consumatori che costituiscono il mercato unico o la quantità miliardaria dei crediti incagliati delle banche. Forse anche per questo l’Unione resta un’entità astratta per la larga maggioranza degli europei. Eppure c’è una cifra che spiega benissimo il momento che stiamo vivendo: uno. E’ uno solo infatti (avete letto bene) il minore abbandonato che è stato ricollocato da quando tutti gli stati hanno adottato il piano di Jean Claude Juncker sulla gestione dei flussi migratori. Uso il maschile ma non si conosce il sesso di questo migrante ignoto.
La cifra emerge dalla risoluzione del Parlamento Europeo del 18 maggio scorso con cui l’assemblea comunitaria ha intimato ai vari partners di fare di più sul ricollocamento pena la procedura d’infrazione. La decisione è stata quasi totalmente ignorata dai mezzi d’informazione, ma la lettura di questo documento pressoché inedito fornisce una lettura lucida della crisi dei migranti in Europa. Nel dossier l’assemblea comunitaria chiede ai paesi Ue di “adempiere ai propri obblighi di accoglienza di richiedenti asilo provenienti dalla Grecia e dall’Italia, dando la priorità ai minori non accompagnati”. Gli eurodeputati, nel testo approvato a larga maggioranza, condannano il comportamento degli stati membri che “nonostante abbiano concordato il trasferimento di 160.000 rifugiati dalla Grecia e dall’Italia entro settembre 2017, hanno effettivamente accettato il trasferimento di solo l’11% di quanto previsto (18.770 persone all’11 maggio)”. Il Parlamento Europeo ha spronato quindi i paesi europei a onorare i loro obblighi e dare la priorità alla ricollocazione di ‘’minori senza famiglie e altri richiedenti vulnerabili”. I deputati fanno poi notare che “finora è stato ricollocato solo un minore”: proprio così, uno di numero su 500 milioni di abitanti. Una vergogna in un’assurdità. Sarebbe da individuarlo e intervistarlo per capire cosa prova ad essere vincitore di questa assurda lotteria della vita. La rappresentazione plastica di una sconfitta non solo per la Commissione Europea ma per tutti quegli Stati membri che hanno scelto le “preferenze fortemente restrittive e discriminatorie, come la ricollocazione delle sole madri single o l’esclusione di richiedenti di specifiche nazionalità, come per gli eritrei, nonché l’applicazione di controlli di sicurezza molto estesi”. Il Presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, è stato ancora più esplicito, e in un’intervista al Corriere ha lasciato intravedere la possibilità proprio di arrivare ad una procedura d’infrazione nei confronti dei paesi inadempienti: praticamente tutti, salvo Grecia, Italia e Germania. Un assist importante per il nostro paese, stretto tra i doveri d’accoglienza e la trattativa con Bruxelles sulla riduzione del debito. Saremmo per una volta non sul banco degli imputati, ma dall’altra parte.
D’altronde la risoluzione è chiara. La maggior parte dei paesi è ancora lontana dagli obiettivi. Quattro degli Stati membri stanno accettando numeri molto limitati di rifugiati, mentre due rifiutano del tutto di partecipare, ma gli sforzi delle istituzioni non si fermeranno e anche se non saranno raggiunti gli obiettivi di ricollocazione entro settembre, i paesi Ue dovranno continuare a trasferire i richiedenti idonei. La risoluzione propone inoltre di prorogare lo schema di ricollocazione finché il nuovo regolamento di Dublino verrà adottato. Per cercare di arginare i flussi migratori e la crisi dei rifugiati, nell’estate del 2015 l’Ue aveva adottato due decisioni di emergenza per ricollocare migliaia di rifugiati. 160.000 richiedenti asilo, con alte possibilità di ricevere lo status di rifugiati, dovranno essere ricollocati entro settembre 2017 dall’Italia e dalla Grecia verso altri Stati membri, dove saranno esaminate le loro domande di richiesta d’asilo. In una successiva decisione approvata dal Consiglio nel settembre 2016 – alla quale il Parlamento si era opposto – gli Stati membri avevano convenuto che 54.000 dei 160.000 posti sarebbero potuti (condizionale di rigore) essere utilizzati per l’ammissione di profughi siriani dalla Turchia, nell’ambito del trattato di migrazione UE-Turchia, invece che dall’Italia o dalla Grecia. Ma questa è solo arida contabilità che racconta di uno scambio. Quella che pesa come una macigno resta la storia dell’unico ‘’fortunato’’ ricollocato nell’Unione Europea.
© Riproduzione riservata