All’indomani della conferma delle cariche istituzionali per la legislatura 2024-2029, approfondiamo il ruolo delle donne nell’Europa di ieri e di oggi, partendo dal progetto precursore ‘Madri Fondatrici’ di Maria Pia di Nonno e arrivando ai recenti sviluppi di ‘Pioniere’ di Pina Caporaso e Giulia Mirandola.
Alcide de Gasperi, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Joseph Bech, Konrad Adenauer, Robert Schuman. Sono solo alcuni dei nomi più noti di uomini che hanno fatto la storia dell’Unione Europea. Tuttavia, alla locuzione “padri fondatori” dovremmo sempre affiancare quella di “madri fondatrici” dell’Unione Europea: si tratta di donne, spesso dimenticate dai libri di storia, che hanno però avuto un ruolo fondamentale per la nascita e la costruzione dell’Europa che conosciamo oggi.
La prima volta che si parlò di “madri fondatrici”
La prima ad approfondire queste figure femminili è stata Maria Pia Di Nonno, dottoressa di ricerca in Storia dell’Europa alla Sapienza di Roma che nel 2014 ha avuto l’idea di approfondire quelle figure che, pur non rientrando tra i firmatari dei trattati costitutivi, hanno avuto un ruolo importante nella nascita dell’Unione Europea.
L’idea è germogliata in lei proprio di fronte alla tomba di Ursula Hirschmann al Cimitero Cattolico di Roma: «Tra me e me le feci la promessa che mi sarei impegnata affinché donne come lei fossero ricordate», racconta lei stessa. Progetto che venne, immediatamente, condiviso con un gruppo di giovani ricercatrici e ricercatori, gli Young Leaders, che all’epoca frequentavano l’Istituto Luigi Sturzo di Roma. La prima conferenza, dedicata a Ursula Hirschmann, venne organizzata nel gennaio 2015 e a quell’iniziativa ne seguirono di successive dedicate a Ada Rossi, Sofia Corradi, Sophie Scholl e Simone Weil.
«Inizialmente il progetto destò non poco stupore e anche alcune perplessità», ci racconta Maria Pia. In particolare, le critiche maggiori riguardavano la scelta di utilizzare il termine “madri fondatrici”: di fatto, a differenza delle madri costituenti che sono oggettivamente ventuno, «non vi erano state delle donne nei tavoli e nei consessi istitutivi, ma questo non voleva dire che le donne non avessero comunque dato, da dietro le quinte, un loro prezioso contributo».
Nonostante ciò, Maria Pia fu risoluta nel continuare a utilizzare il termine “madri fondatrici”, in un’ottica provocatoria e al tempo stesso costruttiva. In primo luogo per evidenziare che alcuni uomini, seppur non presenti tra i firmatari dei trattati, come Spinelli, Rossi, Churchill, sono stati fatti rientrare nella rosa dei padri fondatori e che, pertanto, sia più opportuno aprire una discussione più ampia sulla definizione di “madri e padri” dell’Europa; «comprendendo che questi uomini e queste donne non sono stati dei miti, ma delle persone in carne ed ossa, figli e figlie del proprio tempo, accomunati tutti da un forte senso di responsabilità».
Nel 2016, continua a raccontare Maria Pia, «il progetto prese due strade»: un percorso più accademico che portò alla discussione della tesi di dottorato intitolata Fausta Deshormes La Valle: un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa e un percorso più divulgativo che ha condotto alla realizzazione della prima mostra, in italiano e inglese, sulle Madri fondatrici dell’Europa con ritratti di Giulia del Vecchio, inaugurata, il 17 febbraio 2017, presso il Museo d’Arte Classica dell’Università Sapienza di Roma. Nello stesso contesto venne presentato il volume Europa. Brevi ritratti delle Madri Fondatrici e la successiva raccolta degli atti della conferenza nel volume Le Madri Fondatrici dell’Europa.
La forza del progetto, come ci tiene a sottolineare Maria Pia, risiede principalmente nella sua semplicità e praticità: «la mostra grazie ai pannelli leggeri e facili da trasportare – a partire dalla prima replica avvenuta presso la Camera dei Deputati nel marzo del 2017 – non si è più arrestata e questo anche soprattutto grazie all’impegno di persone (tra cui La Nuova Europa con il progetto Scuola d’Europa) che, comprendendo le ragioni più profonde del progetto, ne hanno replicato le iniziative, in particolare nelle scuole».
Molte sono state quindi le ragioni per cui il progetto ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, tra cui il Premio Altiero Spinelli della Commissione Europea, nella sua prima edizione del 2018 e la cui premiazione si è tenuta alla Casa della Storia Europea di Bruxelles, luogo altamente simbolico per questi studi.
«Anche se la soddisfazione più grande – riconosce Maria Pia – è stata assistere a un interesse sempre più crescente sul tema e constatare la “contagiosità” del progetto. Per fare alcuni esempi: nel marzo 2017, dopo un mese dalla pubblicazione del libro Europa. Brevi ritratti delle Madri Fondatrici, il Senato della Repubblica ha pubblicato il volume Donne che hanno fatto l’Europa; nel 2019 la pagina istituzionale della Commissione Europea dedicata ai padri fondatori è stata ampliata introducendo biografie di pioniere; nel 2021 Toponomastica Femminile ha dedicato il progetto Calendaria a Donne d’Europa e pubblicato il mio volume Le Madri Fondatrici dell’Europa. A 40 anni dalle elezioni europee del 1979. Su questa scia di studi e progetti, di cui se ne sono citati solo alcuni, si inserisce anche Pioniere. Le donne che hanno fatto l’Europa, di Pina Caporaso e Giulia Mirandola, con le illustrazioni di Michela Nanut.»
Un ottimo risultato, conferma Maria Pia, ma che non è di certo un punto di arrivo: infatti, dal 2014 i progetti in merito si sono incentrati esclusivamente su figure ormai note, o perlomeno citate, come quelle di Anna Siemsen, Sophie Scholl, Ada Rossi, Ursula Hirschmann, Fausta Deshormes La Valle, Simone Veil, Louise Weiss, Fabrizia Baduel Glorioso, Eliane Vogel-Polsky e Sofia Corradi. E la ragione è anche comprensibile: «Sono le figure su cui esistono già, chi più chi meno, biografie e/o ricerche: Simone Veil e Louise Weiss ci hanno lasciato delle emozionanti pagine autobiografiche; la memoria di Sophie Scholl è stata tenuta viva dalla sorella Inge, oltre che da storici e storiche; di Anna Siemsen, Ursula Hirschmann, Ada Rossi, Eliane Vogel Polsky, Fausta Deshormes La Valle, Sofia Corradi e Maria Fabrizia Baduel Glorioso se ne sono occupate rispettivamente Francesca Laicata, Silvana Boccanfuso, Antonella Braga, Eliane Gubin, Maria Pia Di Nonno e Andrea Becherucci».
Scusandosi se ne dovesse dimenticare qualcuna, Maria Pia cita anche altre studiose meritevoli di menzione che hanno approfondito, sotto diverse angolature, la materia come Federica Di Sarcina, Fiorenza Taricone e Beatrice Pisa.
«Ma molte, ancora troppe, sono le donne (ma anche gli uomini) che aspettano di essere tirati fuori dall’oblio della storia e che con le loro vicissitudini vogliono dimostrare ai contemporanei e alle contemporanee che non occorre essere degli eroi come scrive anche Inge Scholl nel libro La Rosa Bianca, per agire con coscienziosità: Ma possiamo veramente chiamarli eroi? Non hanno fatto nulla di sovraumano. Hanno difeso una cosa semplice, sono scesi in campo per una cosa semplice: per i diritti e le libertà dei singoli (…)», conclude.
E per farlo, evidenzia Maria Pia, è necessario «riconoscere il lavoro già fatto, mettendo a fattor comune i risultati, e continuarne il cammino impegnandosi con ricerca storica e d’archivio. Gli Archivi storici dell’Unione Europea di Fiesole, per citarne alcuni, sono ancora una miniera da esplorare. Il testimone non può che passare ai più giovani.»
Un progetto per educare alla parità di genere
Pioniere. Le donne che hanno fatto l’Europa è un volume, pensato per giovani e meno giovani dai 9 anni in su che racchiude in sè le biografie di Anna Siemsen, Sophie Scholl, Ada Rossi, Ursula Hirschmann, Fausta Deshormes La Valle, Simone Veil, Louise Weiss, Fabrizia Baduel Glorioso, Eliane Vogel-Polsky e Sofia Corradi.
La particolarità di Pioniere sta nella scelta di renderlo fruibile a tutti, soprattutto ai più giovani. «Il desiderio dell’editrice [ndr. Monica Martinelli, fondatrice di Settenove edizioni] e delle autrici era raggiungere, incuriosire, coinvolgere soprattutto chi sta crescendo e chi non ha le idee già chiare sugli argomenti che trattiamo – ci racconta Giulia Mirandola, insegnante di letteratura e illustrazione per l’infanzia all’Accademia delle Belle Arti di Verona – c’è un forte lavoro sul linguaggio, oltre che sui dati storici, per rendere accessibili concetti complessi. Scegliere quali argomenti trattare e quali escludere è stato meno difficile che fissare come volerli raccontare».
Inoltre, l’idea di aggiungere la parte laboratoriale in fondo al volume è stata dettata dal fatto che «il numero di donne che hanno fatto l’Europa, delle quali non si conoscono né i nomi, né le vite, è un’enormità. Qui chiediamo alle lettrici e ai lettori di mettersi in ricerca e apriamo lo studio delle donne che hanno fatto e che fanno l’Europa a una dimensione collettiva, alla quale teniamo molto».
Ad oggi, i laboratori di Pioniere sono stati svolti sia in Italia, sia all’estero e la scorsa primavera è nata una mostra divulgativa itinerante. A tal proposito, Giulia Mirandola ci racconta anche il futuro di Pioniere: «L’ultimo sviluppo è un’iniziativa per le scuole intitolata Frammenti di coraggio: le donne Pioniere nel mosaico d’Europa. Il lavoro consiste nell’identificare nuove Pioniere attraverso una ricerca approfondita e produrre un pannello che includa un’immagine della donna scelta, un breve testo biografico e una parola chiave che racchiuda il suo contributo. Il 9 maggio 2025, in occasione della Giornata dell’Europa, le classi partecipanti saranno invitate a un evento speciale per presentare i propri lavori.»
Ma quanto può fare la differenza recuperare le grandi figure femminili della storia nell’educazione di un bambino e, soprattutto, di una bambina? Così ci risponde Pina Caporaso, insegnante di scuola primaria presso la Scuola Europea di Bruxelles ed esperta di genere ed educazione: «Riconoscere e raccontare il valore dell’azione e del pensiero femminile in tutti i campi può permettere di ampliare l’immaginario e lasciarsi ispirare da queste storie che sono fatte di persone in carne ed ossa, capaci di vivere il loro tempo con inedite visioni a lungo termine». E ancora: «Questo fa parte di un percorso in cui le bambine e le ragazze possono trovare modelli ai quali guardare ma anche per i bambini e i ragazzi è altrettanto importante conoscere il valore delle donne nella storia. La possibilità di colmare il gender gap e di costruire una cultura del rispetto e dell’equità tra i generi comincia, infatti, da un cambiamento culturale, anche in ambito educativo, che porta a sentire che le donne e le loro vite hanno contato e contano.»
Tra individui e collettività per capire il ruolo delle donne europee
Pioniere, infatti, alterna storie individuali a storie collettive: «La prima pioniera che raccontiamo nel libro non è una donna singola, ma una moltitudine rappresentata dalle donne della Resistenza europea. Raccontare la mobilitazione delle femmes machine di Herstal per la parità salariale o immaginare le tante donne femministe attive in diversi Paesi europei che leggevano il bollettino Donne d’Europa significa pensare anche alla storia del progetto europeo in termini collettivi, pur partendo dall’azione di alcune singole.»
Questo riguarda anche l’oggi, continua Pina: «Le figure contemporanee a cui possiamo fare riferimento sono molto legate a una soggettività femminile collettiva che si mobilita e lotta nei diversi Paesi ma si unifica a livello europeo quando nelle piazze vediamo richiamare le stesse parole, come quel potente messaggio “La vergogna deve cambiare lato” che è partito dalla terribile denuncia di Gisèle Pelicot in Francia ed ha attraversato le manifestazioni del 25 novembre contro la violenza di genere in tutta Europa.»
Il riverbero istituzionale
La presenza di donne all’interno delle Istituzioni europee è un trend in crescita a partire dal 1979, anno della prima elezione del Parlamento europeo, tuttavia non sono mancate oscillazioni negli anni: con le elezioni europee di quest’anno la presenza di eurodeputate è diminuita dal 40% al 38,5% rispetto alla precedente legislatura.
Inoltre, su un totale di 24 commissioni e sottocommissioni, 9 di esse vedono una presidenza femminile: «La Commissione con il maggior numero di donne è la FEMM, che si occupa dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere, mentre la commissione per gli Affari costituzionali (AFCO) è dominata da deputati maschi», aggiunge Pina Caporaso.
Tuttavia, «le sfide e i problemi relativi alla vita delle donne non sono affatto risolti, anzi si complicano, segno che non basta essere donne per portare avanti politiche femministe – continua – basti pensare al cambiamento climatico e all’impatto maggiore che ha sulle donne, o al diritto d’aborto che si chiede venga riconosciuto come diritto umano fondamentale – un passo che il Parlamento [europeo] ha compiuto [con una risoluzione non vincolante], ma sappiamo che l’Unione non è compatta su questo. Altri temi di primo piano dovrebbero essere i congedi parentali, la lotta al divario salariale che ancora si attesta intorno al 13%, la lotta alla violenza di genere, considerando anche la particolare vulnerabilità delle donne immigrate e richiedenti asilo.»
Come afferma Pina, «si è fatto molto in termini di presenza e ruolo delle donne, molto ancora si deve fare affinché le questioni di genere siano poste con attenzione al centro dell’agenda politica».
Ci auguriamo che questa legislatura, che ha visto l’affermarsi di molte figure apicali donne con la riconferma di due Presidenti donna al Parlamento e alla Commissione; con la metà dei vicepresidenti del Parlamento donne e con l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza donna; possa affrontare con maggiore risoluzione questi temi.