Il seguente contributo è parte della rubrica “Europa al voto” nata dalla collaborazione tra La Nuova Europa e la redazione de Lo Spiegone. Questo articolo è a cura di Gaia Cellante.
Il Parlamento europeo è l’istituzione rappresentativa dell’Unione europea e, come tale, l’unica che venga eletta direttamente dai cittadini.
Gli “eurodeputati” si organizzano in diversi gruppi politici, al cui interno convergono gli eletti nelle fila dei partiti nazionali che condividono gli stessi ideali e principi. Ciò costituisce un’organizzazione sovranazionale di forze politiche nazionali.
Le origini dei gruppi politici europei
Fin dall’istituzione di un’Assemblea rappresentativa dei cittadini – risalente ai tempi della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) – e ben prima dell’introduzione dell’elezione diretta avvenuta nel 1979, l’organizzazione dei deputati aveva evidenziato la necessità di un’organizzazione su base politica.
Inizialmente, infatti, si preferì la divisione in gruppi in base alla nazionalità. Ma ben presto ci si accorse che la priorità dei partiti politici fosse quella di creare legami e connessioni con forze politiche di altri Paesi che avessero la stessa loro visione dell’Europa. Per questo, già dagli anni Cinquanta si formarono dei veri e propri gruppi parlamentari, che vennero ufficialmente riconosciuti in seno all’organizzazione dell’Assemblea fino a ottenere un contributo finanziario.
L’organizzazione in gruppi delle tre grandi famiglie politiche – liberali, socialisti e democristiani – rimase invariata fino all’introduzione dell’elezione diretta dei membri del Parlamento europeo. Da quel momento i partiti nazionali compresero la necessità di dare una forma più strutturata ai gruppi politici europei. Su questa base nacquero le federazioni europee di partiti nazionali, organizzazioni sovranazionali in cui i partiti potessero confrontarsi sulla loro visione dei temi cardine dell’integrazione europea.
Alla vigilia del voto del prossimo giugno, i gruppi politici in cui si dividono gli eurodeputati sono sette. Essi rappresentano lo spettro di ideali, principi e programmi dei principali sistemi partitici europei.
Il Partito Popolare Europeo
Lo European People’s Party (Partito Popolare Europeo – PPE) è uno dei tre gruppi politici storici del Parlamento europeo, che nasce come gruppo di aggregazione delle forze politiche di matrice democratico-cristiana.
Fin dalla sua fondazione, il PPE ricopre un ruolo di fondamentale importanza all’interno del Parlamento europeo soprattutto a causa del suo peso rappresentativo in Assemblea. Questo lo ha portato a essere protagonista delle decisioni importanti nel processo di integrazione europea.
Inizialmente al suo interno vennero ammesse esclusivamente forze politiche democratico-cristiane. Tale presa di posizione poneva il PPE in una situazione di svantaggio rispetto al gruppo dei socialdemocratici, dentro cui convergevano partiti con ideologie più eterogenee. Dagli anni Ottanta anche il PPE decise perciò di usare un approccio meno rigido, che portò ad avere un gruppo formato da partiti molto diversi, con idee spesso poco conciliabili. Questi contrasti ideologici hanno inevitabilmente creato delle spaccature profonde all’interno del gruppo.
Il periodo in cui il PPE ha dimostrato di avere maggior forza dal punto di vista elettorale è stato in seguito all’allargamento a Est avvenuto negli anni Duemila. In quella fase, i popolari ebbero la capacità di attirare al proprio interno un numero considerevole di partiti di centrodestra provenienti dai nuovi Stati membri, con un notevole aumento dei seggi. Il PPE è divenuto il gruppo con maggior peso politico del Parlamento.
Nelle ultime due tornate elettorali (2014 e 2019) la flessione elettorale dei popolari è stata molto pesante. Nonostante i numeri ottenuti abbiano garantito al gruppo la maggioranza dei seggi, la loro forza è stata totalmente ridimensionata, soprattutto a causa di una perdita di voti confluiti nei nuovi gruppi di destra, euroscettici e sovranisti. Il caso più eclatante da questo punto di vista è quello che riguarda Fidesz, il partito del Presidente ungherese Viktor Orbán.
Dopo anni di infinite dispute tra Orbàn e i vertici del gruppo, a causa del deteriorarsi dei rapporti tra il partito ungherese e le istituzioni europee, c’è stata la fuoriuscita dei deputati di Fidesz. Dopo aver concluso la legislatura in corso nel gruppo dei “non iscritti” per le prossime elezioni è facile prevedere l’entrata del partito in uno dei gruppi di destra euroscettici.
L’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici
L’altro gruppo storico del Parlamento europeo è quello dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D). Nato come gruppo delle forze di centro-sinistra, oggi al suo interno convergono partiti socialdemocratici, socialisti, laburisti e progressisti.
La traiettoria del gruppo S&D nel corso delle elezioni a partire dal 1979 al 2019 è stata diametralmente opposta rispetto a quella del PPE. Nato inizialmente come gruppo solido e omogeneamente formato da sole forze socialiste, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta visse il periodo di maggior successo.
Successivamente, anche a causa dell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est – con una tradizione socialdemocratica meno marcata rispetto all’Europa occidentale – si è aperto un periodo di forte crisi del gruppo S&D che ha raggiunto il suo minimo storico con le elezioni del 2019. Secondo i sondaggi la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare con il voto del prossimo giugno. Tuttavia,i socialdemocratici dovrebbero riuscire a mantenere la loro posizione di secondo gruppo in termini di grandezza subito dopo il PPE.
Il Gruppo della sinistra
Il Gruppo della Sinistra al Parlamento Europeo (GUE/NGL) è, invece, la forza all’interno di cui convergono i partiti di estrazione comunista ed ecologista presenti in Europa. Al contrario dei socialdemocratici, il gruppo GUE/NGL nasce in tempi più recenti.
Da sempre si pone come una “terza via” tra le forze europeiste e quelle euroscettiche, ponendosi su posizioni spesso critiche ma costruttive nei confronti delle istituzioni europee. Dal punto di vista del peso elettorale, il gruppo GUE/NGL è sempre stato di secondaria importanza. Anche per il voto del prossimo giugno la situazione non sembra prefigurare degli cambiamenti significativi.
Il gruppo dei Verdi
Il Gruppo dei Verdi/Alleanza Libera Europea è il gruppo politico dei partiti ambientalisti, regionalisti e pacifisti del Parlamento europeo. Il gruppo ha svolto nell’assemblea di Strasburgo un ruolo secondario in termini di numero di seggi ma di grande importanza grazie alla portata innovativa delle sue idee.
Nonostante l’elezione di alcuni eurodeputati Verdi già a partire dall’elezione del 1984, solo nel 1989 si ebbe la formazione del gruppo nel Parlamento. Da quel momento la tenuta elettorale dei Verdi si è sempre mantenuta regolare, con un picco di popolarità registrato nelle ultime elezioni, in cui i Verdi hanno conquistato un notevole incremento di seggi.
La singolarità di tale successo sta nel fatto che sia dovuto quasi esclusivamente alla forte crescita di popolarità di storici partiti verdi in Paesi in cui la tradizione politica ecologista è da tempo radicata (i Paesi nordeuropei) e non all’entrata di nuovi partiti all’interno del gruppo. Tale risultato è stato l’inizio di una serie di successi elettorali per i partiti Verdi in tutta Europa, soprattutto grazie a una maggiore sensibilizzazione della popolazione a temi che riguardano la tutela dell’ambiente.
Renew Europe
Renew Europe Group è il gruppo che attualmente rappresenta i partiti liberali all’interno del Parlamento europeo. I liberali furono uno dei gruppi che istituirono per primi, ma rispetto a socialisti e democristiani, la loro storia politica è stata molto più travagliata. Una delle ragioni sta nella difficoltà dei partiti nazionali che convergevano al suo interno di stabilire obiettivi comuni, a causa di una diversa interpretazione del concetto di liberalismo.
Un simbolo di questa incessante ricerca di una identità comune è rintracciabile per esempio nel continuo cambio di nome del gruppo. Nato come Gruppo Liberale e Democratico, tale nome è stato modificato svariate volte per poi arrivare all’adozione, nel 2014, del nome Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE), cambiato ancora una volta nel 2019 a Renew Europe.
Nonostante tali criticità, il gruppo ha sempre avuto un peso notevole all’interno del Parlamento, rappresentando una valida alternativa a centrodestra e centrosinistra e ricoprendo una funzione di riequilibrio nelle dinamiche interne all’Assemblea. Un’importante novità che ha rivitalizzato la presenza di Renew Europe nell’ultimo quinquennio è stata l’entrata al suo interno de La République en Marche, partito dell’attuale presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron.
I gruppi euroscettici di destra
Vi sono poi i gruppi che rappresentano le forze euroscettiche: i Conservatori e Riformisti europei e Identità e democrazia. L’ingresso di eurodeputati euroscettici nel PE risale alla seconda metà degli anni Novanta.
Da quel momento, il numero di forze fortemente critiche nei confronti delle istituzioni europee è aumentato, ma ciò ha anche portato a una loro frammentazione. Spesso, infatti, i partiti che condividono il sentimento di scetticismo nei confronti dell’Unione europea appartengono a famiglie politiche diverse che difficilmente riescono a trovare una visione politica omogenea. Ad oggi, le forze euroscettiche si sono organizzate in due gruppi distinti.
Il gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei è nato nel 2009 come costola del PPE, dalla volontà del Partito Conservatore britannico di spezzare il suo legame con i partiti di centrodestra europeisti. Le posizioni all’interno del gruppo sono andate sempre più verso un euroscetticismo di totale rottura rispetto alle posizioni “euro-reali” con cui era nato il gruppo.
Oggi al suo interno si trovano esponenti dei partiti più nazionalisti d’Europa: partendo da Fratelli d’Italia, passando dai polacchi di Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia) fino agli spagnoli di Vox. A seguito dell’espulsione del partito del presidente ungherese Orbàn dal PPE è quasi certo il suo ingresso nelle fila del gruppo dopo il voto del prossimo giugno.
L’altro gruppo fortemente euroscettico del PE è Identità e Democrazia. Gruppo nato a seguito del voto del 2019 dall’ambizione del leader della Lega Matteo Salvini e del leader del movimento di destra francese Rassemblement National Marine Le Pen di creare una forza che potesse contenere al suo interno tutti i partiti euroscettici. Tale progetto può essere dichiarato incompiuto, considerato che molti dei partiti indicati come colonne portanti del gruppo hanno deciso di rimanere all’interno dei Conservatori e Riformisti. Oltre a loro, l’unico partito con un numero importante di deputati nel gruppo ID è il partito di ultradestra tedesco Alternative für Deutschland.
Il prossimo voto
Nonostante la bilancia politica dei Paesi europei risulti sempre più spostata verso forze meno tradizionali, a Strasburgo anche per il voto del prossimo giugno sembrerebbe confermata una composizione del Parlamento europeo non dissimile da quella emersa dal voto del 2019. Secondo i sondaggi, il PPE dovrebbe essere riconfermato il gruppo più grande dell’Assemblea, seguito dai S&D.
Anche in questa tornata elettorale, pur potendo prevedere una loro ulteriore crescita, i gruppi euroscettici dovrebbero mantenersi nelle posizioni di rincalzo. Tale risultato non dovrà, però, essere sottovalutato. Il numero di seggi ottenuto da questi gruppi potrebbe rivelarsi strategicamente fondamentale per gli equilibri interni all’Assemblea e per la formazione della Commissione europea.
Fonti e approfondimenti
- De La Baume M., “Meet the liberals, starring Emmanuel Macron“, POLITICO, 14/10/2019.
- Delwit P., “The European People’s Party: stages and analysis of a transformation”, in Delwit P., Kulachi E., Van de Walle C., The Europarties. Organisation and influence, Free University of Brussels, 2004.
- Graham-Harrison E., “A quiet revolution sweeps Europe as Greens become a political force“, The Guardian, 2/06/2019.
- Guerrieri S., Un Parlamento oltre le Nazioni: l’Assemblea comune della CECA e le sfide dell’integrazione europea (1952-1958), Bologna, Il Mulino, 2016.
- Maggini N., “La destra populista ed euroscettica: l’evoluzione della sua affermazione elettorale”, in De Sio L., Emanuele V., Maggini N. (a cura di), Le elezioni europee 2014, Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, 2014.
- Marino B., “Il gruppo dell’ALDE: un inevitabile ridimensionamento?”, in De Sio L., Emanuele V., Maggini N. (a cura di), Le elezioni europee 2014, Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, 2014.
- Piermattei M., “I partiti dell’Unione: evoluzione storica e ricerche”, in Mascia M. (a cura di), Verso un sistema partitico europeo transnazionale, Bari, Cacucci, 2014.
- Schwartz M., “Unito ma perdente? Il PSE tra coesione politica e declino elettorale” in De Sio L., Emanuele V., Maggini N. (a cura di), Le elezioni europee 2014, Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, 2014.