L’edizione 2024 del Ventotene Europa Festival si avvicina e così anche la Festa dell’Europa.

Celebrando questo giorno proprio sull’isola dove fiorirono i principi che oggi costituiscono le fondamenta dell’Unione, abbiamo scelto di affidare le nostre riflessioni sul valore della democrazia alle note di Naomi Berrill, cantante e violoncellista irlandese. Sarà lei a condurre il concerto di apertura del 9 maggio. Un concerto su una piccola isola, cantando la vita di altre piccole isole.

Qui in anteprima la sua ultima intervista, a cura di Cristina Gambaro, in uscita sul prossimo numero della nostra rivista

 

Inish in gaelico significa isola ma anche raccontare. Così Naomi Berrill, violoncellista, cantante e compositrice irlandese, trapiantata a Firenze ma con salde radici nella sua terra d’origine, ha utilizzato questo gioco di parole per il suo ultimo progetto, dove è accompagnata dal producer e musicista Lorenzo Pellegrini e dal batterista Andrea Beninati.

Quale è il rapporto tra queste due parole e il tuo lavoro?
“Volevo usare questo gioco di parole che hanno lo stesso significato, anche se non esiste un collegamento logico tra loro. Racconto la vita e le emozioni sulle isole al largo della costa occidentale dell’Irlanda. Vivere su un’isola è vivere in uno spazio estremo, dove insieme alla bellezza della natura, del mare del vento si affrontano le difficoltà di una vita dura, soggetta agli elementi. Una vita estrema, nella bellezza e nelle difficoltà. Anche se è un microcosmo di quella generale”.

La costa occidentale dell’Irlanda è disseminata di isole. La maggior parte sono mondi a parte, dove il turismo non ha ancora cambiato i rapporti. Perché le isole?

“Andare sulle isole è come tornare indietro nel tempo, si è costretti a vivere a una velocità diversa. Ti muovi lentamente, a piedi o in bicicletta, e solo così puoi entrare in sintonia con la natura. Non devi avere fretta perché tutto dipende dal tempo e dal mare. Se c’è brutto tempo e il mare è mosso, devi aspettare. Quando sei in città non ti accorgi delle stagioni, sulle isole la vita è dominata dalla natura. Che bisogna saper ascoltare”.

Alcuni brani sono ispirati a Inishbofin e Inishark. Come entrano nella tua musica?

“Sono storie vere, comuni sulle isole, come quella di So it goes, che parla di una donna che all’alba non vede ritornare il marito pescatore e deve prepararsi a dare la notizia alla famiglia e ai figli. Caoineadh, che in gaelico è un tipo di canzone-lamento e vuol dire anche piangere, è la storia di due fratelli dispersi in mare e dei genitori che quando il governo decide il trasferimento forzato di tutti gli abitanti, rimangono soli sull’isola, aspettando un segno dal mare, preparando la tavola anche per i figli. Come un saluto, per trovare un po’ di pace”.

Quale altra ispirazione arriva dalla tua terra?
“Ho preso alcuni elementi della mitologia: Heron è dedicata all’airone, un animale mitologico che simboleggia la pazienza e vive nei laghi e negli specchi d’acqua vicino alla costa. Altre sono legate al mare, come Galatea, legata all’isola mitologica Tir na nOg che regala l’eterna giovinezza. Sea Warrior parla di Grace O’Malley, prima piratessa della storia. Una donna forte, simbolo del potere femminile, che si racconta abbia anche incontrato la regina Elisabetta I. Una donna mitica ma esistita veramente – come raccontano le rovine dei suoi castelli -, costretta ad assumere sembianze maschili per essere ammessa a solcare i mari in quel mondo piratesco”.

La popolazione delle piccole isole continua a diminuire. Il programma governativo Our Living Islands vuole ripopolarle, offrendo 80mila euro a fondo perduto per restaurare case abbandonate a persone che si vogliono trasferire per vivere e lavorare. Cosa pensi del progetto? I tuoi amici di Inishbofin ne sarebbero felici?

“Inishbofin è già abbastanza avanti, è una comunità ben strutturata, attenta alla sostenibilità. Ma penso che sarebbero felici di accogliere persone che vogliano integrarsi nella vita isolana. Ad esempio, avere più bambini permetterebbe di non avere più un’unica classe e un insegnante unico”.

Con una bassa popolazione, specialmente all’Ovest, l’Irlanda è un Paese attento alla sostenibilità. A che punto siamo?
“Ancora devono essere fatte alcune cose, specialmente rispetto alla mobilità. Si usa troppo l’auto anche perché ci sono pochi collegamenti, i bus sono rari. Viaggiare in treno da Galway a Cork è un’avventura. Per essere più sostenibili dobbiamo migliorare i trasporti pubblici. Ma per fare una vacanza sostenibile bisogna andare sulle isole”.

Quali sono le tue isole del cuore?
“Naturalmente Inishbofin, per me è come tornare a casa e amo suonare sull’isola. Mi piacciono molto Clare Island e Achill Island nella Clew Bay, anche se ora è diventata molto famosa, dopo che vi hanno girato The Banshees of Inisherin. Amo anche Omey Island, dove con la bassa marea si può andare a piedi e dove hanno trovato recentemente gioielli di epoca vichinga. Poi ci sono le isole Ebridi – mio papà è scozzese – che abbiamo raggiunto su una barca di legno, dall’Irlanda. Per me gli isolani hanno qualcosa di diverso. Per questo sono felice di suonare a Ventotene: sarà una bella emozione”.

Naomi Berril